Una cultura «clientelare»
21.05.2013 13:00
Se il mafioso di rango o il capomafia al contrario, diviene l’ospite prediletto dei più distinti salotti della Sicilia, non significa che l’intera regione sia in mano alla mafia, ma è il simbolo di un corale riconoscimento del suo ruolo di potere. Egli siede nelle medesime poltrone frequentate da prefetti, cardinali, onorevoli, perché come loro è una figura che può dispensare favori.
Diventa quindi la classica persona da tenersi amica, chiudendo entrambi gli occhi su quale verità si celi dietro al suo potere. Il siciliano sempre secondo Ayala, non è generalmente «filo mafioso» come i più affrettatamente tendono ad etichettarlo, ma neppure sufficientemente «antimafioso» anche se potendo, farebbe della mafia a meno. Anni di vita in una terra dove la convenzionale cultura del diritto è stata sostituita dalla cultura del favore, lo hanno abituato ad assecondare chi è in grado di elargirlo. Il favore diventa un mezzo di scambio per ogni contesto, una sorta di mediazione assecondata dal solo codice giuridico stabilito da chi la esercita, pratica, comoda, flessibile, senza briglie di natura legale.
La mafia ha fondato l’asse del suo potere sull’esercizio di questa attività di mediazione dai molteplici e flessibili risvolti, ed il politico a lei legato, espressione di un automatismo così perverso, trasforma l’essenza della sua azione in un continuo «arraffa, arraffa», pena la perdita del potere. Le dinamiche di una politica così distorta, si allontanano dagli interessi generali della gente, ma finiscono per premiare il personaggio che è in grado di distribuire più favori, perché è quello che alla fine l’elettore chiede. Quale vittima di una sorta di boomerang malvagio, il semplice uomo della strada si trova costretto ad alimentare lo stesso circolo vizioso da cui vorrebbe sfuggire, per poter sopravvivere nel difficile quotidiano di una terra dove lo Stato ed i diritti ad esso legato, non esistono.
Il risultato è quanto abbiamo dinanzi agli occhi da oltre un secolo e mezzo: una politica che in Sicilia è ad uso largamente clientelare. Uno Stato centrale che pur non essendo del tutto inquinato, non si è liberato di viziose politiche nazionali dove per garantire il controllo elettorale e quindi politico di alcune regioni chiave, vitali ai fini dell’assegnazione dei seggi in parlamento agli uomini giusti, ha prolungato sino ad oggi la stessa infinita partita truccata.
Una mafia che nei decenni si è evoluta e trasformata, alternando epoche di sangue e titoli a 9 colonne, ad ere dove ha tentato di scomparire e mimetizzarsi, ma che si è sempre preoccupata di garantire ai propri giocatori, una maglia da titolare nella squadra –stato, qualunque fosse il colore della sua divisa.
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