Trattativa Stato-mafia, via al processo Mancino: «Non posso stare in aula con i boss»

27.05.2013 20:10

PALERMO - «Io ho sempre combattuto la mafia, non posso stare nello stesso processo in cui c'è la mafia. Chiederemo uno stralcio». Lo ha detto l'ex ministro Nicola Mancino, prima dell'inizio dell'udienza sulla trattativa Stato-mafia, che ha preso il via stamattina a Palermo, in cui l'ex presidente del Senato è imputato per falsa testimonianza. «Ho fiducia e speranza - ha aggiunto - che venga fatta giustizia e che io possa uscire al più presto dal processo». L'udienza si è svolta nell'aula bunker del carcere palermitano di Pagliarelli, davanti ai giudici della corte d'assise.

Il processo ha preso il via proprio nel giorno del 20° anniversario della strage di via dei Georgofili a Firenze, avvenuta il 27 maggio del 1993 e che fu un altro messaggio di Cosa nostra alla politica. 

Rinvio al 31 maggio. I pm e i difensori degli hanno chiesto un termine per interloquire sulle nuove richieste di costituzione di parte civile presentate oggi. La corte d'assise ha rinviato il processo al 31 maggio.

Le richieste di parte civile. Il Comune e la Provincia di Firenze e la Regione Toscana hanno chiesto di costituirsi parte civile. Alle dieci parti civili già ammesse potrebbero aggiungersi quindi altri soggetti processuali se i giudici accogliessero le istanze. Stessa richiesta è stata fatta dai familiari dell'eurodeputato Salvo Lima, ucciso dalla mafia nel 1992, dal comitato Addiopizzo, l'associazione dei familiari delle vittime della strage dei Georgofili, l'associazione Carlo Catena, l'associazione antiracket Libere Terre, l'associazione nazionale Testimoni di Giustizia, Libera, l'associazione antimafia Riferimenti, l'associazione nazionale Giuristi Democratici e il Comune di Campofelice di Roccella.

«Io non rappresento lo Stato - ha detto Mancino - sono l'ex ministro dell'Interno. Io rappresento me stesso con una imputazione diversa da quella degli altri imputati. Io sono imputato di falsa testimonianza perchè la mia parola è stata ritenuta inadeguata rispetto a qualche collega che all'epoca era ministro».

«Non temo contestazioni». «Non ho paura» ha detto Mancino ai cronisti che gli chiedevano se temesse le nuove contestazioni preannunciate dai pubblici ministeri. «Prima voglio sentire, poi commenterò». A Mancino è stato anche chiesto se non ritenga che qualcun altro dovrebbe oggi stare sul banco degli imputati al suo posto. «Ci sto io - ha risposto secco - e mi difendo».

Agende rosse contestano Mancino. Al grido di "'Fuori la mafia dallo Stato" e "Vergogna", il popolo delle "Agende Rosse" ha contestato Mancino mentre usciva dall'aula bunker, sollevando le loro agende rosse, divenute simbolo delle verità ancora da accertare sulle stragi mafiose.

I pm: le istituzioni non nascondano le responsabilità. Il procuratore aggiunto di Palermo Vittorio Teresi, all'inizio dell'udienza, ha preannunciato una nuova aggravante per Mancino. Ma il Presidente della Corte d'appello, Alfredo Montalto lo ha bloccato, dicendo che non era ancora il momento per procedere alla contestazione. «Quando la verità dovesse riguardare elementi di colpevolezza a carico dello Stato, lo Stato non può nascondere eventuali sue responsabilità sotto il tappeto» ha detto il pm Antonino Di Matteo. 
«Oggi iniziamo questo percorso che condurrà a una decisione che sarà comunque un atto di giustizia - ha sottolineato il procuratore capo di Palermo, Francesco Messineo - Sull'importanza di questo processo non ci sono dubbi, è un processo che i temi trattati e per altri temi di valutazione è importante e di grande impegno per la Procura».

Sul banco degli imputati ci sono lo Stato e Cosa nostra. Dieci gli imputati: i capimafia Totò Riina, Leoluca Bagarella, Antonino Cinà, l'ex senatore Marcello Dell'Utri, l'ex presidente del Senato Nicola Mancino, gli ex vertici del Ros Antonio Subranni, Mario Mori e Giuseppe De Donno, il pentito di mafia Giovanni Brusca e il collaborante Massimo Ciancimino.

Quest'ultimo è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e calunnia all'ex capo della polizia Gianni De Gennaro, mentre Mancino, deve rispondere di falsa testimonianza. Per tutti gli altri otto imputati il capo d'accusa è di violenza o minaccia a Corpo politico dello Stato. Due posizioni sono state stralciate. Si tratta dell'ex ministro Calogero Mannino e del boss Bernardo Provenzano. Il primo ha scelto il rito abbreviato mentre il capomafia, a causa delle sue condizioni di salute, viene giudicato in un processo parallelo davanti al gup Piergiorgio Morosini.invio a giudizio fu disposto il 7 marzo dal gup Piergiorgio Morosini. 

Sono complessivamene 178 i testimoni citati dalla Procura, tra i quali il Capo dello Stato Giorgio Napolitano e il Presidente del Senato Piero Grasso. Mentre l'associazione Libera ha già fatto sapere che chiederà di costituirsi parte civile. L'accusa è sostenuta dal procuratore aggiunto Vittorio Teresi e i pm Nino Di Matteo, Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene. In un primo momento c'era anche Antonio Ingroia, poi partito per il Guatemala. 

Secondo i magistrati che rappresentano l'accusa del processo, la trattativa tra pezzi dello Stato e i vertici di Cosa nostra sarebbe iniziata nella primavera del 1992, cioè subito dopo l'omicidio dell'eurodeputato Dc Salvo Lima e sarebbe proseguito almeno fino al 1994, il giorno del fallito attentato allo Stadio Olimpico di Roma dove Cosa nostra voleva uccidere centinaia di Carabinieri. A prendere i primi contatti con esponenti della mafia corleonese sarebbero stati, appunto all'inizio del 1992, l'allora colonnello del Ros Mario Mori e dall'allora capitano Giuseppe De Donno, che chiesero di vedere Vito Ciancimino, l'ex sindaco mafioso di Palermo, che aveva contatti con Totò Riina e Bernardo Provenzano. 

Al centro del processo le telefonate tra l'ex consigliere giuridico del Capo dello Stato Giorgio Napolitano, Loris D'Ambrosio, morto la scorsa estate, e l'ex Presidente del Senato Nicola Mancino. Colloqui telefonici iniziati il 25 novembre del 2011 e proseguiti fino al 5 aprile del 2012, e tutte intercettate dalla Procura di Palermo.

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