Rabbia e indignazione

21.05.2013 12:22

 


Le immagini con i corpi martoriati di Emanuela e Carlo Alberto, all’interno della A 112 bianca crivellata di proiettili, faranno il giro del mondo. I funerali di Stato si celebrarono due giorni dopo, il 5 di settembre. In queste 48 ore, la moltitudine di cittadini onesti di Palermo e della Sicilia tutta, catalizzatori di un sentimento unico che proviene da un paese intero, accumula rabbia e indignazione fortissime. La folla snervata ed in collera, sfogò la sua frustrazione contestando aspramente tutte le personalità politiche che presenziarono le esequie. La diretta televisiva dei funerali consentì a tutta l’Italia di assistere ad un qualcosa di mai visto. Le immagini trasfusero in mezzo mondo le sequenze di un popolo esasperato che urlava ai suoi governanti vergogna. I parenti rigettarono la corona offerta dalla regione Sicilia, e accolsero l’abbraccio del solo Presidente della Repubblica Sandro Pertini continuamente in lacrime. Persino l’autorità ecclesiale si scagliò contro il potere politico. Il cardinale Pappalardo pronunciando in latino «…mentre a Roma si discute, Sagunto viene espugnata…», affermava che anche per i canoni della chiesa siciliana, spesso in passato connivente e mai limpidamente schierata contro la mafia, tutto questo era troppo. Un segnale importante, ma che rimarrà isolato.

Sul luogo dell’eccidio alcune ore dopo, oltre ai fiori e alle tante lacrime, comparirà un messaggio deposto da gente comune destinato ad entrare nella storia: «Qui è morta la speranza dei siciliani onesti».

Una frase che descriveva meglio di ogni discorso, la sfiducia di chi da sempre è costretto ad assistere alla periodica morte di ogni rigurgito di legalità nella propria terra.

Lo Stato reagirà, non sapremo mai quanto spontaneamente, ma reagirà. La risposta più luminosa giungerà da un manipolo di uomini, una esigua guarnigione di stanza in una zona di frontiera, le fila dei cui caduti, sarà destinata purtroppo ad allungarsi.

 

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