Profitti e perdite - Prostituzione e gioco d'azzardo
21.05.2013 12:49
La prostituzione: niente di più disonorevole per un siciliano, e ancor più per un uomo d'onore. Quindi va da sé che, contrariamente a quanto succede oltre Atlantico, questa attività non è segnata nel bilancio della mafia nostrana. Ci vedo tutto lo spessore di differenze culturali che si sono accentuate con il passare degli anni. Negli Stati Uniti, dove Cosa Nostra ha raggiunto un alto livello di «evoluzione», «civiltà» e «raffinatezza», lo sfruttamento delle squillo da 2000 dollari per notte non pone problemi di perdita di dignità; la prostituzione lì non ha l'alone di sordida degradazione che caratterizza le case d'appuntamento siciliane. Lo stesso vale per il gioco d'azzardo, che non solo non suscita riprovazione, ma costituisce una fonte di reddito non trascurabile.
Non così in Sicilia. Cosa Nostra non annovera il gioco tra le attività riconosciute. Il pentito Angelo Epaminonda, consumatore e spacciatore di cocaina, metà siciliano e metà milanese, era coinvolto nel gioco d'azzardo: ma non era un uomo d'onore e viveva a Milano. Non credo vi sia un solo esempio di mafioso che a Palermo gestisca case da gioco. Il pentito Antonio Calderone, catanese, racconta che suo fratello Giuseppe rinfacciava a Michele Zaza e ad Alfredo Bono la passione ossessiva per la roulette russa e lo chemin de fer. Bono aveva fama di scommettitore accanito nei casinò e nelle bische dell'Italia settentrionale. Si tratta comunque di un genere di attività che non reca alcun prestigio a un uomo d'onore. È tollerata a titolo personale, ma provoca un richiamo all'ordine se diventa troppo vistosa.
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