Profitti e perdite - Il segreto: confidenti e collaboratori

21.05.2013 12:48

 

Cosa Nostra è un'associazione segreta e i suoi affiliati sono tenuti a rispettare la legge del silenzio (omertà) ma negli ultimi vent'anni l'omertà è stata platealmente violata da centinaia di mafiosi «collaboratori di giustizia».

Negli anni '80 ha cominciato ad assumere sempre maggiore consistenza il fenomeno del pentitismo: i primi collaboratori della giustizia sono stati soggetti esterni a Cosa Nostra, legati soprattutto al traffico di droghe, poi con Buscetta e Contorno si è aperta la stagione dei capi e gregari che facevano ricorso alla giustizia rivelando i segreti dell'organizzazione. Più che di un vero e proprio pentimento, fondato su ragioni etiche (il caso di Leonardo Vitale, che nel 1973 si presentò spontaneamente alla squadra mobile di Palermo per fare una serie di rivelazioni e doveva finire rinchiuso in manicomio criminale e cadere ucciso nel dicembre del 1984, rimane almeno per lungo tempo un caso unico), si è trattato di una crisi della cultura mafiosa indotta dallo straripare della violenza interna.
La collaborazione con la giustizia nei termini in cui si è configurata negli ultimi decenni è una novità ma in passato non era rara la pratica di passare informazioni confidenziali alla polizia. Spesso ci troviamo di fronte a rapporti così circostanziati (è il caso dei rapporti del questore Sangiorgi) che non possono non farci pensare all'uso di indicazioni provenienti dall'interno del mondo mafioso. Solo che, a differenza di quanto è avvenuto con le dichiarazioni dei collaboratori, le fonti confidenziali non potevano essere citate in dibattimento e ciò spiega il fallimento di inchieste antiche e recenti.
Per fare fronte all'emorragia dei "pentiti" Cosa Nostra ha fatto ricorso per lunghi anni alla violenza, colpendo parenti esterni al mondo mafioso; più recentemente si è avviata una pratica di recupero all'interno di un mutamento strategico fondato sull'attenuazione della violenza.

—————

Indietro