Perché lo scudo fiscale è un'occasione da non perdere1

21.05.2013 13:47

 

 

Il nuovo scudo fiscale è un’occasione da non perdere. Quanti hanno capitali all’estero, non dichiarati in Italia devono valutare se aderire allo scudo fiscale. La decisione non deve basarsi su considerazioni contingenti né tanto meno emotive ma deve guardare innanzitutto il quadro normativo a contrasto dell’evasione fiscale sempre più stringente.

Il consiglio ECOFIN del 9 giugno 2009 ha affermato sia l’importanza della trasparenza, dello scambio d’informazioni e della leale concorrenza fiscale quali strumenti atti a combattere la frode e l’evasione fiscale internazionale sia l’applicazione di contromisure appropriate e graduali nei confronti delle piazze finanziarie non collaborative di paesi terzi.

Negoziati per accordi antifrode sono stati avviati con il Liechtenstein; direttive di negoziato sono in corso di presentazione con il Principato di Monaco, Andorra, San Marino e Svizzera.

L’ampio consenso internazionale sul potenziamento della cooperazione e dell’assistenza reciproca in materia fiscale e sull’applicazione degli standard OCSE in materia di scambio d’informazioni tra Autorità fiscale è stato ulteriormente posto l’accento.

Le norme, inserite nel decreto legge anti crisi all’esame del Parlamento, di contrasto ai paradisi e agli arbitraggi fiscali internazionali, l’inasprimento delle sanzioni per chi non dichiara capitali illegalmente detenuti all’estero, la costituenda unità speciale dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza per il contrasto all’evasione e dell’elusione internazionale, sono la risposta italiana alle intese raggiunte dai paesi OCSE per far emergere attività economiche e finanziarie detenute in paradisi fiscali.

Non va sottaciuto come provvedimenti simili siano in corso di adozione da parte di altri paesi come l’Italia in lotta contro la peggiore crisi finanziaria degli ultimi ottanta anni. La stessa Unione Europea non disapprova il ricorso a soluzioni tipo scudo fiscale per favorire l’immissione di capitali nel sistema finanziario del paese.

Lo scudo fiscale è inserito in questo contesto normativo; da qui la prima evidente conclusione che rappresenta un’occasione da non perdere.

Sarà sempre più rischioso detenere all’estero attività finanziarie non dichiarate. Il loro utilizzo sarà sempre più complesso e oneroso. Peraltro detenere capitali all’estero in conti segreti espone il titolare ai rischi derivanti da gestioni poco trasparenti, eccessivamente speculative e, non ultimo, ma spesso troppo trascurato, al rischio di perdere o almeno rendere molto oneroso, il recupero degli stessi nel momento in cui si apre la successione viste le rilevanti difficoltà spesso incontrate dagli eredi del titolare dei conti esteri nel recuperare tali capitali.

Anche altre ragioni di convenienza ad aderire allo scudo fiscale non vanno tralasciate. Le pesanti difficoltà finanziarie vissute oggi dalla stragrande maggioranza delle aziende italiane impongono ricapitalizzazioni di fatto quasi impossibili da attuare attingendo da capitali esteri tenuti nascosti al fisco.

Con lo scudo fiscale sarà possibile utilizzare tali somme per aumenti di capitale delle aziende in difficoltà in tutta tranquillità avendo garantita legalmente la protezione da sanzioni sia amministrative sia penali.

Molto più semplicemente i capitali rimpatriati saranno utilizzabili per investimenti e spese in Italia e all’estero: comprare casa ai figli, avviarli al lavoro, operare investimenti in nuove attività imprenditoriali, acquistare beni di consumo durevoli, destinarne una quota all’investimento in strumenti finanziari più trasparenti con profili di rischio definiti con maggiore chiarezza; il tutto in un regime di piena legalità fiscale.

Una delle obiezioni poste da chi non crede nello scudo fiscale è quella di perdere la riservatezza, preferendo molti detenere capitali nascosti all’estero al riparo dai creditori o, come spesso accade, dagli stessi familiari.

Tutelare questa riservatezza avrà costi e si dovranno accettare rischi sempre maggiori. Sarà allora quasi inevitabile ricorrere a strumenti legali di pianificazione patrimoniale e finanziaria, come ad esempio il trust interno non discrezionale, per rispondere efficacemente alle necessità di riservatezza.

Lo scudo fiscale è conveniente perché paghi poco, il 5% del valore delle attività finanziarie rimpatriate o regolarizzate, ma ottieni molto: l’anonimato, il riparo da accertamenti fiscali sui capitali riportati in Italia, la copertura da qualsivoglia sanzione sia amministrativa sia penale. Sempre che i capitali nascosti all’estero non siano stati il frutto di evasione fiscale fraudolenta o di attività derivanti da reati particolarmente gravi.

Nel corso dei precedenti scudi fiscali del 2002-2003, molti preferirono non aderire adducendo motivazioni già allora non condivisibili: diffidenza la garanzia dell’anonimato fosse mantenuta, paura di successivi interventi legislativi volti a togliere l’anonimato, rischio si subire tassazioni patrimoniali una volta fatti emergere i capitali, sospetto di subire accertamenti fiscali a causa dell’adesione allo scudo fiscale, incertezze sulla tenuta del quadro politico italiano, considerazioni emozionali del tipo “tenere i soldi all’estero è sempre più sicuro che tenerli in Italia", fiducia indiscussa nel segreto bancario garantito dai paradisi fiscali.

Niente di tutto questo risulta si sia avverato, semmai è il segreto bancario a subire attacchi da parte di tutti i Governi dei paesi occidentali.

Per il resto è evidente come la stabilità politica dell’Italia, tra i principali paesi membri UE, saldamente ancorata all’Euro, seppur alla presenza di un enorme debito pubblico, non sembri essere messa in discussione.

Considerando pure tutti i problemi strutturali dell’Italia e il suo tasso elevato di litigiosità politica, si deve ammettere come il paventare rischi di scarsa tenuta del sistema democratico tale per cui futuri governi possano retroattivamente smantellare norme agevolative come lo scudo fiscale, sia un’ipotesi realisticamente priva di fondamento.

La risposta alla domanda se aderire o meno allo scudo fiscale è positiva: lo scudo conviene. Deve essere fatta un’analisi razionale, non di vantaggio immediato, ma di convenienza strategica di pianificazione patrimoniale e finanziaria di medio lungo termine.

L’errore da evitare è l’analisi di convenienza rivolta al breve termine, mossa da reazioni emotive, diffidenti e ultimamente quasi fatalistiche: “Speriamo mi vada bene anche questa volta, tanto alla fine le cose si sistemano”.

1 Di Antonio Deledda, L'Occidentale, 21 luglio 2009

 

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