Ma cos’è la P3 e perché mai Cosentino si è dimesso? 1

21.05.2013 13:35

 

 

La Camera avrebbe dovuto affrontare la questione di Nicola Cosentino tra mercoledì e giovedì della settimana prossima, ma nel frattempo il sottosegretario all’Economia è andato a colloquio da Berlusconi e poi si è dimesso.

Esisteva una questione relativa al sottosegretario Cosentino?

Sì, la magistratura romana che ha arrestato l’altro giorno Flavio Carboni crede che il sottosegretario Cosentino, all’interno di parecchie pratiche discutibili messe in atto dalla cosiddetta P3, abbia costruito, o fatto costruire, o contribuito a far costruire un dossier farlocco sull’allora candidato (e poi eletto) alla presidenza della Regione Campania, Stefano Caldoro. Caldoro è del Pdl, si tratterebbe dunque di una lotta interna al centro-destra. Cosentino, nato a Casal di Principe 51 anni fa, voleva lui tornare a Napoli e presiedere la Regione. Questo dossier farlocco avrebbe tra l’altro accreditato l’idea di Caldoro come frequentatore di transessuali… Eravamo freschi dallo scandalo Marrazzo, lei mi capisce.

Non ho capito che cos’è la P3.

Fece scandalo, nel 1981, la scoperta a Castiglion Fibocchi di una lista di 953 eminenti iscritti alla loggia massonica Propaganda 2 (P2). C’erano dentro, per esempio, anche Maurizio Costanzo e Berlusconi. Comandava il venerabile Licio Gelli. Costui aveva anche preparato un piano di occupazione dello Stato, che prevedeva il controllo radio-tv, la revisione della Costituzione, la soppressione dell’immunità parlamentare, la riforma dell’ordinamento giudiziario, la revisione delle competenze delle forze dell’ordine, il blocco dei contratti di lavoro. I nemici di Berlusconi sostengono che oggi, di fatto, il piano Gelli è stato attuato dal Cavaliere. La P3, rispetto a quella, sarebbe la società (secondo i magistrati romani “segreta”) formata da Carboni, dal geometra Pasquale Lombardi e dall’imprenditore Arcangelo Martino. Carboni, all’epoca, era effettivamente della P2, come del resto Roberto Calvi e il giro dell’Ambrosiano.

Già a sentire i nomi mi sembrano robe di caratura molto diversa.

E infatti gli amici di Berlusconi contestano proprio la pochezza dei tre arrestati. Berlusconi li ha definiti “tre pensionati”, con l’aria di voler dire “tre poveretti”. Ha poi sostenuto che non si mette dentro uno di 78 anni (Carboni). I giornali vicini al presidente del Consiglio mettono in evidenza che i tre s’erano impegnati a influenzare la Consulta perché non bocciasse il lodo Alfano e il lodo è stato poi bocciato. Volevano speculare sull’eolico in Sardegna e il presidente Cappellacci ha bloccato tutto. Volevano Cosentino candidato alla regione Campania e invece venne candidato ed eletto Caldoro. Tre incapaci, tre millantatori.

Invece?

Invece non lo so. Pettegolezzi e intercettazioni rivelano il solito mondo che stringe il cuore, ambizioni squallide, linguaggio penoso. I tre si vedevano con Denis Verdini, uno dei tre coordinatori del Pdl. I finiani vorrebbero che Verdini si dimettesse. Da quell’orecchio Berlusconi non ci sente. I finiani hanno chiesto (e adesso ottenuto) anche le dimissioni di questo Cosentino. Il capo del governo ha nicchiato. Allora l’opposizione ha presentato una mozione di sfiducia: un atto parlamentare che venne usato la prima volta contro il ministro della Giustizia Filippo Mancuso, che era stato preparato contro Brancher (mina disinnescata dalle dimissioni del medesimo). La mozione di sfiducia è stata presentata da Pd, Idv e Udc. Ieri s’è discusso su quando dovesse andare in aula. La maggioranza diceva: «Non prima di settembre». L’opposizione diceva: «La settimana prossima». Quando non ci si mette d’accordo, la decisione spetta al presidente della Camera. Fini ha deciso per la settimana prossima. Poi Cosentino ha tolto il disturbo da solo, pur mantenendo l’incarico di coordinatore del Pdl in Campania. «Voglio tutelare il governo» ha detto.

I finiani avrebbero potuto votare davvero la sfiducia?

Avrebbero potuto, sì. E con quali conseguenze si può immaginare. Berlusconi ha tuonato che chi avesse votato la mozione, per ciò stesso, sarebbe stato fuori dalla maggioranza. Un tentativo di espellere i finiani. Ma questi hanno subito fatto sapere che, anche se espulsi, non avrebbero cessato di sostenere il governo e di considerarsi parte della coalizione con cui hanno vinto le elezioni. Fini non ha la minima intenzione di lasciare la presidenza della Camera. Cosentino, alla fine, è stato consigliato di dimettersi spontaneamente. Un altro pezzo di governo – dopo Scajola e Brancher – che se ne torna a casa, appunto, spontaneamente.

1 Gazzetta dello Sport 15 luglio 2010

 

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