L'onore

21.05.2013 12:46

 

Come abbiamo visto un motivo ricorrente è quello dell'onore. In cosa consiste l'onore dei mafiosi? Per Franchetti il mafioso è «un uomo che sa far rispettare i suoi diritti, astrazione fatta dai mezzi che adopera a questo fine»1 e «il modo più efficace per farsi rispettare in buona parte di Sicilia è l'esser in fama di aver commesso qualche omicidio»2. Più recentemente Vincenzo Marsala, figlio del capomafia di Vicari in provincia di Palermo, ha dichiarato che "il prestigio all'interno della famiglia si raggiunge soprattutto con la consumazione di omicidi, nel senso che questo è il banco di prova nel quale si dimostra la valenza dell'uomo d'onore. In tal caso si dice che trattasi di una persona che «vale». E più importante è l'omicidio che viene commesso, più si innalza il prestigio del mafioso"3.
L'abilità nell'uso della violenza ha un ruolo decisivo nello status di
«uomo d'onore». Che poi nel codice onorifico mafioso abbiano un peso altri fattori, per esempio la capacità di preservare la verginità e la castità delle donne, questo più che essere una specificità dell'organizzazione mafiosa rientra nel codice comportamentale su cui si fonda la società agro-pastorale mediterranea4. C'è da chiedersi come e perché questi «valori» entrino a far parte del bagaglio del mafioso. Si potrebbe rispondere che i membri dell'associazione criminale per coprire i loro misfatti introiettano, o manipolano, regole comportamentali delle società in cui agiscono, al solo scopo di darsi un'immagine di rispettabilità. Ma una spiegazione in termini solo utilitaristici e strumentali è insoddisfacente non tenendo conto che si è formato un codice culturale mafioso, in cui convivono aspetti diversi e contraddittori.
Buscetta è stato discriminato per le sue frequentazioni femminili ed esempi recenti dimostrano che ci sono ancora mafiosi che hanno dell'onore una concezione del tipo di quella descritta precedentemente, intesa all'osservanza della morale sessuale delle donne. Nel gennaio del 2003 l'anziano capomafia dell'Acquasanta di Palermo, Antonino Pipitone è stato accusato, in seguito alla rivelazioni di alcuni
«pentiti», di aver fatto uccidere nel 1983 la figlia Rosalia per punirla di una relazione extraconiugale, fingendo che si trattasse di una rapina. Questa visione legata alla tradizione etica cristiano-cattolica in materia di comportamenti sessuali convive con una pratica che considera l'omicidio un diritto-dovere dell'affiliato e ne fa il pilastro portante del codice onorifico. E va sottolineato che l'omicidio è sempre in agguato, anche quando si tratta di uccidere donne o bambini.

1Franchetti Leopoldo, Condizioni politiche e amministrative della Sicilia, Donzelli, Roma 1993.

2Ibidem, p.36

3Paoli Letizia, Fratelli di mafia. Cosa Nostra e Ndrangheta, il Mulino, Bologna 2000.

4Schneider Jane, La vigilanza delle vergini, La Luna, Palermo 1987. 

 

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