L'iniziazione.
21.05.2013 12:45
Si può sorridere all'idea di un criminale, dal volto duro come la pietra, già macchiatosi di numerosi delitti, che prende in mano un'immagine sacra , giura solennemente su di essa di difendere i deboli e di non desiderare la donna altrui. Si può sorridere come di un cerimoniale arcaico, o considerarla una vera e propria messa in giro. Si tratta invece di un fatto estremamente serio, che impegna quell'individuo per tutta la vita. Entrare a far parte della mafia equivale a convertirsi a una religione. Non si cessa mai di essere preti. Né mafiosi.
Al momento dell'iniziazione, il candidato o i candidati vengono condotti in una stanza, in un luogo appartato, alla presenza del «rappresentante» della «famiglia» e di altri semplici uomini d'onore. Spesso, questi ultimi sono schierati su un lato, mentre gli iniziandi stanno dall'altro. A volte i candidati vengono tenuti in una stanza per alcune ore e sono poi fatti uscire uno per volta. A questo punto il rappresentante della famiglia espone ai futuri uomini d'onore le norme che regolano l'organizzazione, affermando prima di tutto che quella che comunemente viene detta mafia si chiama, in realtà, Cosa Nostra. Avverte quindi i nuovi venuti che sono ancora in tempo a rinunciare all'affiliazione e ricorda loro gli obblighi che comporta l'appartenenza all'organizzazione fra cui:
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non desiderare la donna di altri uomini d'onore;
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non rubare;
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non sfruttare la prostituzione;
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non uccidere altri uomini d'onore;
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dimostrare sempre un comportamento serio e corretto;
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mantenere con gli estranei il silenzio assoluto su Cosa Nostra;
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non presentarsi mai d'avanti a uomini d'onore da soli, in quanto le regole impongono che un altro uomo d'onore, conosciuto da coloro i quali devono mettersi in contatto, garantisca la rispettiva appartenenza a Cosa Nostra, pronunciando le parole: «Quest'uomo è la stessa cosa».
Esaurita la spiegazione dei comandamenti, riaffermata dal candidato la volontà di entrare nell'organizzazione, il rappresentante invita i nuovi venuti a scegliersi il padrino tra gli uomini d'onore presenti. Ha quindi luogo la cerimonia del giuramento che consiste nel chiedere a ognuno con quale mano spara e nel praticargli una piccola incisione sul dito indice della mano indicata, per farne uscire una goccia di sangue con cui viene imbrattata una immagine sacra; molto spesso quella dell'Annunziata, la cui festa cade il 25 marzo e che è ritenuta patrona di Cosa Nostra. All'immagine viene quindi dato fuoco e l'iniziato, cercando di non spegnerlo mentre se la fa passare da una mano all'altra, giura solennemente di non tradire mai le regole di cosa nostra, meritando in caso contrario di bruciare come l'immagine. Mentre l'indice dell'iniziato viene punto, il rappresentante gli ingiunge in tono severo di non tradire mai, perché si entra in Cosa Nostra col sangue e se ne esce solo col sangue. Particolare curioso: in alcune famiglie si usa per pungere l'indice una spina di arancio amaro; in altre invece, una spilla sempre la stessa (nella famiglia di Riesi il «rappresentante» aveva una spilla d'oro utilizzata esclusivamente per questo rituale); in altre ancora, una spilla qualsiasi.
Così giurano i neofiti della Fratellanza di Girgenti nel 1884: «Giuro sul mio onore di essere fedele alla fratellanza, come la fratellanza è fedele con me, e come si brucia questa santa e questi pochi gocci del mio sangue, così verserò tutto il mio sangue per la fratellanza, e come non può tornare questa cenere nel proprio stato e questo sangue un'altra volta nel proprio stato, così non posso rilasciare la fratellanza».
Così giura il medico Melchiorre Allegra nel 1916: «Giuro di essere fedele ai miei fratelli, di non tradirli mai, di aiutarli sempre, e se così non fosse, io possa bruciare e disperdermi, come si disperde questa immagine che si consuma in cenere».
E questo è sinteticamente il giuramento di Buscetta nel 1948: «Le mie carni devono bruciare come questa "santina" se non manterrò fede al giuramento» 1. Evidente poi la valenza simbolica del sangue: è una sorta di rinascita rituale, dà vita a una nuova parentela tra i consociati e contiene un preciso riferimento alla punizione che spetta a chi tradisce il patto consociativo2.
Dice il «pentito» Antonino Calderone, ricordando la sua cerimonia di iniziazione: «Col sangue si entra e col sangue si esce da Cosa Nostra! Lo vedrete da voi, tra poco, com'è che si entra col sangue. E se uscite, uscite col sangue perché vi ammazzano»3. Queste sono, con piccole varianti da provincia a provincia, le regole dell'affiliazione come sono state descritte dai pentiti, anche se per necessità la cerimonia può avvenire abbreviata. In caso di urgenza sono sufficienti anche solo tre uomini d'onore, non importante se appartenente a famiglie e provincie diverse. Antonino Madonia, secondo quanto raccontato dal pentito Calderone, venne affiliato nella prigione dell'Ucciardone a Palermo alla presenza di tre uomini d'onore; e anche Nello Pernice ebbe una cerimonia di affiliazione molto affrettata con un padrino d'eccezione: Luciano Leggio in persona.
L'enfasi posta su questi aspetti sacrali non può far dimenticare che si tratta di una associazione criminale, il cui scopo è la commissione di delitti, dall'estorsione all'omicidio, mentre l'immagine di sé che danno i mafiosi, almeno i vecchi mafiosi, è ben diversa. Dice Buscetta, ricordando quel che dicevano i suoi antichi maestri che lo hanno iniziato ai segreti di Cosa Nostra: "Mi hanno detto che essa era nata per difendere i deboli dai soprusi dei potenti e per affermare i valori dell'amicizia, della famiglia, del rispetto della parola data, della solidarietà e dell'omertà. In una parola, il senso dell'onore"4 . Da qui ai Beati Paoli, i mitici vendicatori di torti, il passo è breve. Cosa Nostra sarebbe nata perché mancava la giustizia pubblica, per difendere la Sicilia vessata in mille modi: "Perché noi siciliani ci siamo sentiti trascurati, abbandonati dai governi stranieri e anche da quello di Roma. Cosa Nostra, per questo, faceva la legge nell'isola al posto dello Stato. L'ha fatto in diverse epoche storiche, anche quando non si chiamava Cosa Nostra. Io so che una volta essa si chiamava «I Carbonari», poi si è chiamata «I Beati Paoli» e solo in un terzo momento «Cosa Nostra»5.
Siamo nel pieno del mito apologetico, condito di leggende e di stereotipi. Non è da escludere che la nascita delle associazioni mafiose sia stata stimolata da un contesto in cui l'associazionismo segreto era abbastanza diffuso, con la presenza di soggetti come la Carboneria e la Massoneria, e le sollevazioni popolari in Sicilia durante l'Ottocento vedono fianco a fianco vari attori, tra cui le nascenti o già consolidate associazioni mafiose. Come pure le squadre popolari che agiscono nelle rivolte del XVIII e del XIX secolo hanno una doppia anima: uno spirito di ribellione che porterà alla nascita dei movimenti popolari in lotta per il cambiamento e un'esigenza di mobilità sociale che porterà anche all'arruolamento nei gruppi mafiosi6. Ma da questo a dire che c'è una linea diretta tra Carbonari e Cosa Nostra, tramite i Beati Paoli, ci corre.
1Gambetta Diego, La mafia siciliana. Un'industria della protezione privata, Einaudi, Torino 1992
2Paoli Letizia, Fratelli di mafia. Cosa Nostra e Ndrangheta, il Mulino, Bologna 2000.
3Arlacchi Pino, Gli uomini del disonore. La mafia siciliana nella vita del grande pentito Antonino Calderone, Mondadori, Milano 1992; Addio Cosa Nostra.
4Arlacchi Pino, La vita di Tommaso Buscetta, Rizzoli, Milano 1994.
5ibidem, pp. 15-16
6Santino Umberto, La cosa e il nome. Materiali per lo studio dei fenomeni premafiosi, Rubbettino, Soveria Mannelli 2000
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