La morte di Roberto Calvi

21.05.2013 12:03

 


Il 18 giugno del 1982 Roberto Calvi, un altro tra i più celebri banchieri del nostro paese, e come Sindona iscritto alla Loggia Massonica P2, viene ritrovato privo di vita impiccato sotto il ponte dei Frati Neri a Londra.

Nato a Milano il 13 aprile del 1920, entra sin dal 1947 nel Banco Ambrosiano come impiegato. Il Banco Ambrosiano era una banca privata che operava a stretto contatto con l’Istituto per le Opere Religiose, più notoriamente conosciuto come IOR, la Banca di Stato del Vaticano e uno degli istituti finanziari più potenti del pianeta. In quegli anni, a tenere le redini delle finanze vaticane, provvedeva monsignor Paul Casimir Marcinkus , americano dell’Illinois con origini Lituane.

Dopo una carriera nell’arcidiocesi di Chicago, venne trasferito a Roma agli inizi degli anni ’50, per completare la sua ascesa divenendo negli anni ‘70 presidente della Banca Vaticana. Il nome di Marcinkus è stato collegato agli scandali mondiali più noti del periodo, e la sua fama di scaltro finanziere finì per sotterrare il prestigio della carica ecclesiale. 


All’interno dell’istituto milanese, anche Calvi compie una progressiva e fulgida scalata per divenirne direttore generale nel 1971 e presidente nel 1975. Una marcia trionfale che lo portò a ricoprire numerose cariche di rilievo nel panorama finanziario italiano ma non solo, e sotto la sua guida il Banco Ambrosiano beneficia dei legami con Vaticano, massoneria, malavita organizzata, per aumentare a dismisura il raggio dei suoi affari, con operazioni anche nell’ambito dell’editoria (Rizzoli - Corriere della Sera), o finanziamenti per conto del Vaticano al sindacato polacco Solidarnosc.

Come nel caso di Sindona, la definizione di finanziere per Roberto Calvi sfuma in quella di faccendiere, e la banca milanese si troverà ad affrontare le conseguenze di una serie di oscure operazioni che la condurranno ad un inevitabile crack. Fallirono i tentativi di salvataggio a colpi di decine di miliardi di lire per opera di IOR, BNL e ENI, questi ultimi conseguiti mediante tangenti cospicue a politici come Bettino Craxi e Claudio Martelli (PSI).



Nel 1981 a seguito del fallimento definitivo del Banco Ambrosiano (fu accertato un buco di circa 1,3 miliardi di dollari), Roberto Calvi viene arrestato per poi essere scarcerato in regime di libertà provvisoria. Tenterà di tornare alla guida della banca, ma lo IOR respingerà l’ultima richiesta di aiuto dinanzi ai crimini che emergevano di continuo, come quelli che legavano Calvi ad altri loschi finanzieri come Flavio Carboni, a sua volta in rapporti con esponenti malavitosi capitolini della Banda della Magliana. 


Il 9 giugno 1982 Calvi si allontana da Milano per raggiungere via Roma la capitale londinese, forse per tentare un’azione di ricatto politico dall’estero, ma il ritrovamento del suo cadavere alcuni giorni dopo, testimoniò quanto il suo prestigio avesse esaurito ogni possibile credito.
La causa della sua morte è rimasta per 20 anni incerta, sospesa tra l’omicidio e il suicidio, e solo nell’aprile del 2002 una sentenza della giustizia italiana, sulla base dell’apporto fornito da pentiti ex affiliati alla mafia e da ulteriori perizie, affermò che Roberto Calvi era stato assassinato, o per meglio dire «suicidato».

Il procedimento sui presunti colpevoli del delitto che vedeva Pippo Calò (il cassiere della mafia), Flavio Carboni, Ernesto Diotallevi (figura legata alla Banda della Magliana), Silvano Vittor (contrabbandiere di jeans e caffé) sul banco degli imputati, si è concluso il 6 giugno del 2007 con la sentenzia di assoluzione per insufficienza di prove da parte della seconda Corte d’Assise di Roma. 


I P.M. incaricati sostennero che :«Gli imputati, avvalendosi delle organizzazioni di tipo mafioso denominate Cosa Nostra e Camorra, cagionavano la morte di Roberto Calvi al fine di punirlo per essersi impadronito di notevoli quantitativi di denaro appartenenti alle predette organizzazioni; conseguire l'impunità, ottenere e conservare il profitto dei crimini commessi all'impiego e alla sostituzione di denaro di provenienza delittuosa; impedire a Calvi di esercitare il potere ricattatorio nei confronti dei referenti politico-istituzionali della massoneria, della Loggia P2 e dello IOR, con i quali avevano gestito investimenti e finanziamenti di cospicue somme di denaro».


Nel 1987, anche monsignor Marcinkus sfugge al mandato di cattura emesso nell’indagine sul crack del Banco Ambrosiano. In questo caso sulla ciambella di salvataggio, si leggeva a chiare lettere il nome dei «Patti Lateranensi», che obbligarono la Corte di Cassazione ad annullare il suo arresto in base all’immunità garantita dal suo passaporto di diplomatico vaticano.
Nonostante gli sforzi di molti onesti servitori dello Stato non vi furono colpevoli da assicurare alla autorità giudiziaria.

Il tempo aveva raffreddato una pista scomoda, oscura, intrigata, e ancora una volta al comune cittadino non resta che constatare con amarezza, quanto la giustizia risulti debole al cospetto di poteri tanto forti e radicati. 
Poteri occulti che come abbiamo visto in queste due vicende si intersecano e confluiscono in un unico soggetto, una sorta di «club privato» che annoverava iscritti «molto pubblici», una associazione dal nome curioso ma dal profilo terribilmente inquietante: la Loggia Massonica P2. 

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