L’entusiasmo durò poco
21.05.2013 12:58
La storica sentenza del Maxi Processo aveva innescato un virtuoso sentimento di speranza tra la folta porzione onesta del paese. Il palazzo di giustizia di Palermo fu per alcune settimane il centro del mondo. Le felicitazioni per il grande risultato ottenuto giunsero da ogni angolo del pianeta. Falcone e i suoi collaboratori erano ben consci ed orgogliosi del frutto del loro lavoro ma rimasero con i piedi ben saldati nel terreno. Nei piani mafiosi la sentenza costituiva una importante battaglia persa, ma pur soltanto una battaglia.
La guerra era ancora tutta da combattere, e come verrà illustrato anni dopo da diversi pentiti, l’obbiettivo a quel punto era di erodere nei successivi gradi di giudizio quanto sentenziato il 16 dicembre 1987. Si puntava a forti riduzioni di pena agendo nel più classico dei sistemi a disposizione di Cosa Nostra: sfruttando le connessioni politiche e una campagna mediatica che lentamente spegnesse i fari sui processi a venire, per far ricadere nell’ombra l’esito delle scandalose manovre a cui mirava.
I lunghissimi tempi della giustizia italiana poi, crearono i presupposti per chi nelle istituzioni operò attaccando la sentenza e agevolando gli imputati. L’entusiasmo era destinato a durare poco.
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