il "turismo giudiziario"
21.05.2013 12:29
Ai funerali di Rocco Chinnici il sentimento che prevalse fu la stanchezza e questo non era un bel segnale, mentre passava il presidente Pertini, una voce, tra la folla, gridò: «Siamo stanchi!». Qualcuno gli sentì dire: «Anch'io». Ma Falcone, Borsellino continuarono la battaglia e come racconta Giuseppe Ayala, il il dolore e la paura avevano partorito un sodalizio che non era solo professionale e ideale. Era umano e personale. Definitivo. Ognuno restò al suo posto fornendo con il suo contributo quotidiano al lavoro, sostegno agli altri colleghi.
L'ostilità nei confronti di Falcone intanto cresceva, dentro e fuori dal Palazzo. Lo definivano, maliziosamente «giudice sceriffo» o «giudice planetario» perché, con la scusa delle sue rogatorie stava girando il mondo a spese dello Stato. «Turismo giudiziario» lo etichettarono. Furono in effetti moltissime e tutte di un'utilità eccezionale, che determinò un'evoluzione decisiva del lavoro istruttorio. Sarebbe interessante cimentarsi nel calcolo di quanti pericolosi delinquenti l'avrebbero fatta franca se non fossero stati raggiunti dalle prove, in molti casi schiaccianti, raccolte proprio grazie a quelle rogatorie.
C'è innanzi tutto da dire che, salvo talune encomiabili eccezioni, la prassi giudiziaria faceva di solito viaggiare i documenti. Falcone rivoluzionò anche quella prassi. Niente più burocrazia, bisognava andare personalmente sul posto, stabilire rapporti, verificare gli elementi di cui si era già in possesso e cercarne di nuovi. Approfondire, capire, conquistare la fiducia degli interlocutori.
Il mondo tendeva a globalizzarsi, la criminalità organizzata pure. Come poteva chi doveva contrastarla pretendere di non uscire dal chiuso del suo ufficio? Quel autentico suicidio giudiziario andava rimosso.
Un caso emblematico fu quello della famosa indagine «Pizza connection». Tutte le transazioni economiche riguardanti il traffico internazionale di eroina si svolgevano in Svizzera, per lo più a Lugano, dove confluivano i capitali lucrati. Soddisfatti i crediti fornitori della materia prima, sempre in Svizzera, il resto era profitto, che veniva investito in vari modi e in vari luoghi. La parte che rimaneva a Lugano era destinata all'ulteriore finanziamento del traffico.
I paesi coinvolti erano quattro: la Turchia, da cui proveniva la materia prima; l'Italia, sul cui territorio avveniva la trasformazione in prodotto finito; gli USA, in quanto mercato di collocazione e vendita della merce; la Svizzera sede di tutte le operazioni finanziarie connesse al business. Unità di misura del giro d'affari: il milione di dollari.
Se non ci fosse stato Falcone, di questo enorme traffico conosceremmo forse questo o quel prezzo, ma sicuramente non avremmo nemmeno idea della sua complessiva articolazione. Il che vorrebbe dire che non sarebbero mai finiti in carcere, a scontare pene superiori anche ai venti anni, i tanti galantuomini inventori di quel divertente giocattolo.
Per farla breve, in America e in Svizzera diventammo di casa, tante furono le nostre trasferte. Rendemmo al contempo un servizio anche alle autorità giudiziarie che, grazie a noi, acquisirono le tessere del puzzle che ignoravano. La Turchia fu meno disponibile degli altri Paesi, ma alla fine ne potemmo fare a meno. Se avessero viaggiato solo i documenti, saremmo arrivati agli stessi clamorosi risultati? Nemmeno per idea!
Era questo il «turismo giudiziario».
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