Il traffico di eroina risolleva l’economia di Cosa Nostra
21.05.2013 11:55
La «pausa di riflessione» forzata a cui Cosa Nostra fu costretta dopo la reazione dello Stato alla strage di Ciaculli e alla 1° Guerra di Mafia, come abbiamo visto costrinse molti esponenti di spicco mafiosi alla fuga o a nascondersi. Altri furono incarcerati a seguito delle sentenze dei processi imbastiti nel 1968-69, e a molti di questi, il periodo di detenzione arrecò un grosso danno economico.
Secondo la testimonianza di Antonio Calderone, pentito che nel 1987 iniziò a collaborare con il giudice Falcone, il conto delle spese legali a seguito delle condanne e alle parcelle degli avvocati, sommato ai mancati guadagni perché in prigione o al freno indotto alle attività, resero molti boss sul lastrico. Calderone racconta che persino Riina fu sorpreso in lacrime, perché non riusciva a sostenere le spese in grado di consentire a moglie e figli di fargli visita quando era in attesa del processo. Ciò nonostante, accadde poi che nell’arco di pochi anni, tanti di costoro accumularono fortune miliardarie, e questo avvenne grazie al traffico degli stupefacenti.
Gli anni ’70 videro la mafia arricchirsi come mai in passato attraverso i proventi del commercio dell’eroina, creando i presupposti per il conflitto intestino più cruento della sua storia. Se famiglie come i Greco e i Badalamenti, erano riuscite a conservarsi economicamente in attivo anche nei periodi bui, l’intera cosca dei Corleonesi navigava in acque decisamente più tetre e lamentava una grande urgenza di denaro. Fu così che Liggio e i suoi adepti, avviarono una serie di rapimenti a danno di giovani rampolli della «Palermo bene», per finanziare le nuove attività. Dal tabacco alla polvere bianca In quegli stessi anni, grazie anche alla partecipazione nelle operazioni di malavitosi del napoletano, si registrò un boom del contrabbando di sigarette. Grazie all’intervento di questi grandi esperti del settore da sempre, Cosa Nostra diede fiato alle proprie finanze, ottenendo cospicui guadagni dal commercio illegale del tabacco. La Sicilia divenne un ulteriore centro di smistamento e lavorazione verso il resto dell’Europa e non solo, mettendo a punto una rete che si preparava a quella che avrebbe assunto i contorni di una vera svolta epocale per la storia dell’intera organizzazione.
Gli «interessanti» utili provenienti dal traffico illecito delle «bionde», erano comunque destinati ad impallidire al cospetto delle cifre che avrebbero inondato le famiglie mafiose siciliane, grazie all’eroina.
In diversi punti dell’isola, vennero create le strutture per trasformare la Sicilia quale base centrale nello smercio della droga, dall’Estremo Oriente, verso l’America. Un ruolo a cui assunse anche grazie alla politica antidroga del Presidente americano Nixon, che provocò la chiusura del canale commerciale controllato dai Corsi che faceva perno a Marsiglia. Tra il 1975 e il 1977, molti «chimici» in fuga dall’area circostante il porto francese, vennero arruolati dalla Mafia generando il fiorire di raffinerie di eroina sul territorio siciliano.
10. La Pizza Connection
Le fila dei tossicodipendenti da eroina crescono in modo esponenziale in tutta Europa e Nord America. I sequestri della polvere bianca nel mondo aumentano di oltre 6 volte e mezzo tra il 1974 e il 1982, periodo in cui Cosa Nostra assunse il controllo del traffico. Nel corso degli anni ’70 esplose il fenomeno della «Pizza Connection», anche se la sua definitiva consacrazione avvenne negli Stati Uniti intorno alla metà del decennio seguente.
Decine e decine di pizzerie aprirono i battenti nella East Cost americana, tutte controllate da siciliani, e costituivano i centri della distribuzione e raffinazione dell’eroina. Una rete capillare che secondo dati ufficiali del 1982, consentì ai mafiosi di origine sicula di gestire il controllo della raffinazione, spedizione e distribuzione di circa l’80% dell’eroina consumata nel nord est degli USA. Il guadagno di una simile macchina di morte, si aggirava nell’ordine di centinaia di milioni di dollari, consentendo a Cosa Nostra di diventare da metà degli anni ’70, potente come mai in passato.
Essa conquista in territorio statunitense una autonomia propria, annullando l’antico senso di superiorità dei mafiosi americani, che da sempre usavano chiamare i cugini siciliani con il dispregiativo “«Zips». L’estensione di questo fenomeno generò allarme tra le fila dei boss d’oltre oceano, ma i legami di parentela che univano le grandi famiglie mafiose sulle due sponde dell’Atlantico, impedirono il radicalizzarsi di uno scontro. Un intreccio di vincoli parentali frutto di combine sentimentali e matrimoni di convenienza, perché nel nome degli affari e dell’onore, ogni sfera privata ne patisce le conseguenze. Di generazione in generazione interessi economici e affetti si saldano, annodando i destini dei leader malavitosi siciliani e americani, per dar vita ad uno scenario che creò sconcerto persino in Giovanni Falcone.
Fu così che le connessioni tra i Badalamenti di Cinisi e le famiglie di Detroit, come quelle tra le omonime italo americane Magaddino e Bonanno originarie di Castellamare del Golfo, o gli Inzerillo di Palermo con i newyorkesi Gambino, contribuirono allo sviluppo di quei canali privilegiati dove l’eroina scorreva veloce, per soddisfare le richieste delle migliaia di consumatori americani.
La rete di specialisti coinvolta nel traffico ( tecnici e chimici, compratori, spacciatori), molto spesso non erano affiliati diretti ma uomini sotto il controllo politico e militare di Cosa Nostra. Un accorgimento che limitava il coinvolgimento delle figure di spicco dell’organizzazione, nel caso questi «esterni» incorressero in guai con la polizia. La Commissione controllerà politicamente i traffici di droga e tabacco senza mai monopolizzarli, agendo come una sorta di «Consorzio», intenta a vigilare sui possibili scontri per il potere che un tale flusso di denaro poteva implicare.
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