Il prefetto di ferro

18.05.2013 11:12

 

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Per parlare del rapporto mafia-stato negli anni del fascismo, vi riporto un'attenta analisi fatta da Salvatore Lupo, uno dei pochi storici che ha scelto un approccio scientifico alla mafia, intervistato da Gaetano Savatteri, giornalista che segue per la redazione del Tg5 i grandi fatti di attualità e in particolare le cronache giudiziarie.

Salvatore Lupo è professore di Storia contemporanea presso l'Università di Palermo. È condirettore di «Meridiana. Rivista di storia e Scienze sociali» e fa parte della relazione della rivista «Storica», è uno dei più quotati studiosi della mafia in ambito italiano, autore di numerose pubblicazioni sul fenomeno criminoso e di storia contemporanea.

Tra le sue opere abbiamo: Blocco agrario e crisi in Sicilia tra le due guerre, Napoli, Guida, 1981. Agricoltura ricca nel sottosviluppo. Storia e mito della Sicilia agrumaria. (1860-1950), Catania, s. n., 1984. La dimora di Demetra. Storia, tecnica e mito dell'agricoltura siciliana, et Al., Palermo, Gelka, 1989. Il giardino degli aranci. Il mondo degli agrumi nella storia del Mezzogiorno, Venezia, Marsilio, 1990. Storia della mafia. Dalle origini ai nostri giorni, Roma, Donzelli, 1993; 2000. Andreotti, la mafia, la storia d'Italia, Roma, Donzelli, 1996. Il fascismo. La politica in un regime totalitario, Donzelli, 2000. Partito e antipartito. Una storia politica delle prima Repubblica, 1946-78, Roma, Donzelli, 2004. Che cos'è la mafia. Sciascia e Andreotti, l'antimafia e la politica, Roma, Donzelli, 2007. From Palermo to America. L'iconografia commerciale dei limoni di Sicilia, con Antonino Buttitta e Sergio Troisi, Palermo, Sellerio, 2007. Quando la mafia trovò l'America. Storia di un intreccio intercontinentale, 1888-2008, Torino, Einaudi, 2008. Il passato del nostro presente. Il lungo Ottocento 1776-1913, Roma. Bari, Laterza, 2010. Il tenebroso sodalizio. Il primo rapporto di polizia sulla mafia siciliana, Roma, XL Edizioni, 2011.

 

Gaetano Savatteri : Cosa Nostra ha sempre vietato, almeno fino a qualche tempo fa, che i suoi affiliati votassero e sostenessero esponenti politici neofascisti. Quasi che nella memoria collettiva della mafia resistesse forte il ricordo della campagna fascista contro la mafia. Ma fu veramente importante questa stagione antimafia del regime mussoliniano?

Salvatore Lupo : È importante per due ragioni. Perché ebbe oggettivamente grande portata, e perchè per la prima volta fu dato a un'operazione di questa natura un rilievo politico generale, con conseguente grande valorizzazione propagandistica. Molti ne hanno tratto l'erronea convinzione che soltanto il fascismo abbia represso la mafia.

Gaetano Savatteri : Una convinzione ancora corrente; vedremo in seguito se sia andata veramente così. Ma cosa ricaviamo dalla rilettura della campagna antimafia del fascismo?

Salvatore Lupo : Innanzitutto, dovremmo prendere atto che l'antimafia non va collocata necessariamente a sinistra. Possiamo pensarla come un periodo che oscilla verso la destra (storica) in età postunitaria, prosegue oscillando verso sinistra con l'affaire Notarbartolo e ancor più col tentativo di leghe e affittanze di tagliare fuori i grandi gabelloti dall'affitto dei latifondi. Poi il pendolo dell'antimafia torna bruscamente a destra, la destra «nuova» del fascismo.

Gaetano Savatteri : Ed è un'antimafia istituzionale, di regime...

Salvatore Lupo : Di sicuro quella fascista è un'antimafia istituzionale. C'è però una componente ideologica, secondo cui la mafia è un frutto perverso dell'allargamento dei canali della partecipazione politica e dà la dimostrazione di quanto malefica sia la democrazia in quanto tale. Rielaborando Franchetti nella logica totalitaria, il fascismo afferma che quanto viene dal basso o dalla periferia non è portatore di mafia. Naturalmente anche nel fascismo, come in Franchetti. La borghesia con le sue ambizioni, il suo opportunismo, le sue fazioni, può essere considerata un elemento corruttore.

Gaetano Savatteri : Siamo gia alla definizione del concetto di borghesia mafiosa?

Salvatore Lupo : Per certi versi si, anche se i fascisti usano concetti generici come «costume borghese», o «costume feudale». Polemizzano contro i gabelloti, definendoli elementi socialmente ed economicamente parassitari, e spesso lamentano l'assenteismo dei grandi proprietari terrieri. La propaganda fascista chiama peraltro gli stessi proprietari, assieme ai contadini, ad assumere il loro posto di «produttori», attivi e operosi, nel nuovo edificio corporativo che il regime sta costruendo per la patria. Osserverai che questo discorso prende in prestito molti argomenti da quello tradizionale della sinistra. In maniera demagogica? Forse, comunque col tipico carattere trasversale dell'ideologia fascista. Sta di fatto che parliamo essenzialmente di un'operazione di polizia condotta con la mancanza di scrupoli tipica di un regime totalitario.

Gaetano Savatteri : Ma il fascismo fu sin dall'inizio così ostile alla mafia?

Salvatore Lupo : Direi di no. Le fonti sono concordi nel dirci che, nel Palermitano, soprattutto, il listone fascista del '24 aveva al suo interno alcuni dei più importanti gruppi mafiosi. Non tutti e non dappertutto, certo.

Gaetano Savatteri : Va collocato in questo periodo, se non sbaglio, il famoso comizio di Vittorio Emanuele Orlando a Palermo quando disse: «Se la mafia è senso dell'onore e resistenza alla sopraffazione, allora io sono il primo dei mafiosi». Un discorso spesso indicato come il classico tic del politico pronto a difendere la mafia. Mi chiede se invece le parole di Orlando non siano state pronunciate in un altro senso, in un significato antifascista. È possibile?

Salvatore Lupo : Attenzione. Nel '24 Orlando era ancora alleato con Mussolini, ma poi rompe quando vede che la «rivoluzione» fascista non può essere riassorbita negli usuali canali trasformisti. E nel '25 campeggia la lista liberale antifascista nelle elezioni amministrative palermitane. In questo caso si, la sua apologia della mafia voleva avere un significato antifascista, di difesa del vecchio mondo siciliano da una minaccia dipinta nello stesso tempo come moderna e tirannica. Che paradosso! Bada però: parliamo di un discorso, insomma di retorica, visto che, come abbiamo accennato, buona parte dei gruppi mafiosi in quel momento erano schierati col fascismo. La retorica è la solita, la solita di Pitrè: se voi mi date del mafioso perché sono siciliano, allora si, lo rivendico, perché il siciliano è uomo d'onore; se invece intendete per mafioso il delinquente, la cosa non mi riguarda. Insomma Orlando sperava di recuperare qualche voto suonando la grancassa sicilianista.

Gaetano Savatteri : La repressione viene affidata al prefetto Cesare Mori, un funzionario dello Stato peraltro non di stretta fede fascista. In che momento scatta l'operazione?

Salvatore Lupo : L'operazione Mori inizia nel momento in cui il fascismo ha appena vinto la sua battaglia, subito dopo le elezioni amministrative del 1925. dopo di allora, elezioni non se ne faranno più. E infatti il numero uno del fascismo palermitano, l'ex nazionalista Alfredo Cuocco, va da Mussolini e dice: «Adesso dovremmo liberarci delle clientele più o meno mafiose di cui ci siamo serviti per vincere le elezioni e che non ci serviranno più». Cuocco nella sua autobiografia la racconta più o meno così.

Gaetano Savatteri : L'operazione Mori, oltre al ristabilimento dell'ordine pubblico, aveva anche uno scopo politico?

Salvatore Lupo : Certo, ma non si trattava di far fuori l'opposizione liberale: i liberali si erano già ritirati dalla competizione o erano intenti a mascherarsi da fascisti. L'obiettivo politico assegnato a Mori ricadeva all'interno del fascismo stesso. Parliamo di una variante regionale, siciliana, della generale epurazione del Partito nazionale fascista, intrapresa dalla segreteria di Augusto Turati a partire dal '26. i vari ras del fascismo padano e toscano, giovanotti senza scrupoli impegnati a crearsi una carriera o una posizione, furono accusati di corruzione e di ogni genere di nefandezze. Le accuse erano fondate? In parte. In parte erano strumentali.

Gaetano Savatteri : Nella scelta del regime di mandare a Palermo il prefetto Mori, un «continentale», sembra resistere la lezione di Franchetti secondo cui solo gli stranieri potevano sradicare la mafia dalla Sicilia.

Salvatore Lupo : Mori era un poliziotto che veniva dai ranghi e conosceva bene la Sicilia. Lo possiamo dire quasi specializzato in Sicilia: era stato prima questore, poi prefetto di Trapani. Era considerato antifascista, perché quale prefetto di Bologna, tra il '21 e '22, aveva contrastato lo squadrismo (contrariamente agli altri suoi colleghi). Nel '19 aveva fatto caricare dalla polizia e poi arrestare molti nazionalisti durante le manifestazioni pro Fiume. Era un uomo di Francesco Saverio Nitti, l'arcinemico dei fascisti.

Gaetano Savatteri : E nonostante tutto Mussolini sceglie Mori, perché?

Salvatore Lupo : Perchè Mussolini voleva proprio uno impermeabile agli ambienti e ai personaggi del fascismo. Cuocco sostiene di essere stato lui a consigliare Mori a Mussolini, ma lo escluderei. Cuocco apparteneva alla fazione fascista più radicale legata a Roberto Farinacci, quella che vedeva Mori come il fumo negli occhi. Aggiungo che era conosciuto come antifascista anche Luigi Giampietro, il procuratore incaricato di gestire i processi scaturiti dalle retate di Mori. Insomma siamo di fronte ad un'antimafia istituzionale, diciamo pure repressiva, a un'idea di legge che, certo, poco o nulla si pone il problema dei diritti individuali. Mussolini si appellò allo Stato, senza aggettivi, come fece in molti altri casi locali nella seconda metà degli anni Venti. Il movimento fascista, come ben si sa, aveva carattere anarcoide, e i ras fascisti, se fossero stati lasciati a se stessi, avrebbero creato tante piccole repubbliche basate sull'illegalismo non solo politico. A Firenze, ad esempio, la polizia li accusò di basarsi sul racket, sulle tangenti, sulle attività illecite, sulla prostituzione...

Gaetano Savatteri : Si racconta una storia sulla decisione di Mussolini di aprire l'offensiva alla mafia. Si dice che durante una visita del duce a Piana degli Albanesi, vedendo la nutrita scorta che Mussolini aveva attorno, Francesco Cuccia, sindaco di Piana, gli abbia detto: «Duce, c'è bisogno di tutti questi sbirri? Ci sono io … lei qui è al sicuro». Quest'allusione al proprio potere mafioso avrebbe innescato la reazione di Mussolini, che, indignato da questo episodio, avrebbe deciso di mandare Mori in Sicilia. È un episodio citato nei libri, ma non so quanto vero..

Salvatore Lupo : L'incontro tra Cuccia e Mussolini potrebbe anche essere leggendario. Però Cuccia era uomo graditissimo ai fascisti, perchè aveva rovesciato l'amministrazione rossa di Piana degli Albanesi, dopo averne assassinato i leader. I documenti pubblicati recentemente mostrano come la polizia fosse ben conscia della grnade caratura mafiosa di questo personaggio, ma anche del debito che le «forze nazionali» avevano verso di lui. Mussolini lamenta l'arroganza di Cuccia e dice che lo distruggerà, ma lo fa nel 1926. quando viene in Sicilia e va a Piana degli Albanesi siamo ancora nel 1923: a quella data Mussolini si guarda bene dal parlare male di Cuccia.

Gaetano Savatteri : Cuccia era veramente mafioso?

Salvatore Lupo : Eccome. Anzi, verrà poi indicato dalle fonti come il capomafia palermitano, più che di Piana degli Albanesi. La sua carriera sembra un po' l'anticipo della storia dei corleonesi: Cuccia porta il suo potere da un paese della provincia al capoluogo.

Gaetano Savatteri : Anche don Vito Cascio Ferro, indicato da Mori come un nemico pubblico, aveva il suo potere a Bisacquino, ma viveva e operava a Palermo...

Salvatore Lupo : Si però le cose che sappiamo su questo personaggio riguardano più che altro attività svolte a Bisacquino, Corleone, Contessa Entellina. Per Cuccia, le informazioni sono più precise: sappiamo di grandi affari, di una sua politica d'acquisti fondiari nell'agro palermitano.

Gaetano Savatteri : Nella lotta alla mafia il fascismo gioca in gran parte la sua credibilità. Vi costruisce attorno una colossale macchina di propaganda a livello nazionale e internazionale come poche altre volte...

Salvatore Lupo : Ho sempre pensato che il fascismo abbia realizzato sulla lotta alla mafia la sua più importante operazione propagandistica verso il Mezzogiorno, in qualche modo paragonabile solo a quella messa in moto per la bonifica dell'Agro Pontino.

Gaetano Savatteri : A quei tempi l'Agro Pontino era sicuramente il primo avamposto del Mezzogiorno. Dunque bonifica e antimafia grandi campagne mediati che fascismo...

Salvatore Lupo : Esatto, se rileggiamo le pagine del «Times» o del «New York Times», con i titoloni in prima pagina sull'assedio di Gangi, ci accorgiamo di quanto l'operazione propagandistica, non solo a livello regionale, non solo a livello nazionale, ma anche a livello internazionale, sia stata molto efficace. Gli stranieri erano indulgenti verso Mussolini, pensando che un popolo come quello italiano avesse bisogno di ordine e di legge. Pazienza se per riuscirci era necessaria la frusta.

Gaetano Savatteri : Ma fatta la tara alla propaganda, qual'era invece la realtà delle cose?

Salvatore Lupo : La realtà è che tra il '26 e il '27 le retate si susseguono, coinvolgendo migliaia di persone. Subito dopo vengono i processi, anche se sotto il profilo propagandistico l'utilità marginale di ogni successiva azione cala progressivamente. Negli anni venti non c'è ancora una vera censura sulla cronaca nera e quindi sul «Giornale di Sicilia» le notizie sui processi vengono pubblicate, ma finiscono progressivamente relegate nelle pagine cittadine e regionali. Quanto alle condanne: nel primo processo, alle cosche delle Madonie, sono pesanti, ma molti dei procedimenti successivi si risolvono con sentenze per associazione a delinquere e pene alquanto lievi, due o tre anni di carcere. Arriverà poi un'amnistia e moltissimi usciranno di galera.

Gaetano Savatteri : Ma chi non viene condannato, spesso viene colpito da provvedimenti di polizia come il confino.

Salvatore Lupo : Certo. In realtà penso che gran parte della repressione passata per il confino, sia stata delegata alla polizia al posto della magistratura. Alla fin fine, con lo stesso metodo adottato dallo Stato liberale, seppur applicato con mano più pesante.

Gaetano Savatteri : Arbitrarietà discrezionale e scarsi controlli di diritto...

Salvatore Lupo : L'arbitrarietà di un regime repressivo che manda al confino, come sappiamo, non solo gli oppositori politici, ma anche chi non si comporta in maniera «normale» (gli omosessuali, per esempio, o le donne «di facili costumi»). Allo stesso modo colpisce chi per ragioni familiari o locali ha relazioni appartenenti alla mafia. Tra l'altro, la fine della prefettura Mori (fu mandato in pensione il '29) e la stagione dei grandi processi non significa la fine della repressione: abbiamo una «seconda ondata», che contrariamente alla prima non è affatto amplificata propagandisticamente. Anzi, a quanto risulta, ai giornali viene proibito di parlarne. Evidentemente si teme che il secondo repulisti getti dubbi sull'efficacia del primo.

Gaetano Savatteri : Forse proprio per questo non si ha una memoria netta di una seconda operazione antimafia: fu fatta passare in sordina. A che distanza di tempo dalla prima fu avviata la seconda campagna?

Salvatore Lupo : Intorno alla metà degli anni Trenta, quando si vedono gli effetti negativi dell'amnistia. Segnalo i soliti contrasti tra carabinieri e polizia, ma anche la costituzione di un istituzione investigativa interforze, qualcosa di simile alla nostra Direzione Investigativa Antimafia: si chiamava Ispettorato generale di pubblica sicurezza in Sicilia. Da questa seconda repressione comunque ricaviamo un materiale straordinario: abbiamo infatti centinaia e centinaia di fascicoli personali dei confinati, oggi conservati presso l'Archivio centrale dello Stato, con la storia giudiziaria e personale di ciascuno, un materiale di studio interessantissimo.

Gaetano Savatteri : Vere e proprie biografie giudiziarie …

Salvatore Lupo : Per certi versi. Interessantissimi anche alcuni documenti dell'Ispettorato di Ps, i cui contenuti provo a sintetizzare. Vi si legge: Mori è stato bravo, ma non ha potuto fare fino in fondo il suo lavoro perché la cosiddetta opinione pubblica siciliana, montata dai soliti aristocratici protettori dei mafiosi, ha indotto le autorità a mollare la presa, e pertanto oggi la situazione è addirittura peggiore di quella precedente al 1926. i documenti sono basate su testimonianze dall'interno e delineano la struttura tipica di Cosa Nostra: giuramento, affiliazione, sistemi verticali, cupole. Si tratta di un modello, scrivono i funzionari dell'Ispettorato, uguale a quello della massoneria. Ora, cosa dire di questo? Innanzitutto che non solo per i rivoluzionari ma anche per i poliziotti, i successi della mafia sono dovuti all'appoggio della classe dirigente. E poi che, di certo, la mafia del 1937 – data del documento che cito – non era più forte di quella del 1926. come accade ancora oggi, gli inquirenti usano l'iperbole per impedire che si «abbassi la guardia».

Gaetano Savatteri : D'altra parte chi combatte per mestiere la mafia non può svegliarsi un giorno e dire che la mafia non c'è più: verrebbe meno la ragione stessa del proprio ruolo...

Salvatore Lupo : Non solo. C'è uno scontro di iperboli, uno scontro di retoriche. C'è chi sostiene che oggi la mafia sia più pericolosa di ieri per stoppare in anticipo chi – in buona o cattiva fede – sussurra: la polizia dovrebbe occuparsi dei delinquenti, non delle persone per bene – bisogna smetterla con queste esagerazioni sulla mafia ...

Gaetano Savatteri : Un copione che rivedremo spesso ...

Salvatore Lupo : È uno schema ripetitivo. Noi lo conosciamo oggi, ma ritrovarlo dentro tutt'altro regime di tutt'altro popolo è rivelatore, no? Le retoriche sono, per loro natura, impermeabili ai mutamenti reali, vengono ripresentate sempre uguali a sé stesse. Lo storico può individuare alcune cose che restano stabili, ma spesso gli unici «fatti» immutabili sono le retoriche.

Gaetano Savatteri : Ma torniamo a Mori e al senso politico della sua operazione. Hai detto che era rivolta contro Alfredo Cucco.

Salvatore Lupo : Anche. Cucco fu travolto dalle inchieste già alla fine del '26, e venne non solo destituito ma espulso dal Pnf, al pari degli altri leader del fascismo radicale in tutt'Italia e in altre provincie siciliane. Come ho detto ci furono accuse di corruzione quasi per tutti e Cucco venne chiamato in causa anche per relazioni con elementi mafiosi.

Gaetano Savatteri : Sul contrasto tra il prefetto Mori e il federale Cucco ci sono varie versioni. Cucco era un perseguitato da Mori o un personaggio veramente in odore di mafia?

Salvatore Lupo : In prima istanza i guai di Cucco furono dovuti alla determinazione con cui Mussolini e Turati perseguirono lo scopo di eliminare il gruppo farinacciano su scala nazionale

Gaetano Savatteri : Mori si fa strumento di questa liquidazione politica...

Salvatore Lupo : Fu lo strumento, come tutti i prefetti, di un'operazione nazionale. Se avesse prestato servizio a Modena, avrebbero trovato buone ragioni per liquidare il federale di Modena. Detto questo ovviamente a noi resta la curiosità di sapere in che misura Cucco fosse veramente legato alla mafia.

Gaetano Savatteri : Ci serve soprattutto per capire se la continuità di relazioni tra «establishment» politici e mafia resiste anche cambiando forme politiche e regimi...

Salvatore Lupo : Le relazioni di Cucco con i mafiosi risalivano ai prima anni Venti, quando nel costruire turbinosamente da zero una carriera politica aveva raccolto, tra l'altro, anche il sostegno dei «partiti» mafiosi paesani smaniosi di inserirsi nella nuova politica. Va detto che Cucco uscì assolto da tutti i processi intentati contro di lui. Nondimeno, come accade per molti politici, gli stessi atti processuali dimostrano i suoi rapporti, le sue amicizie pericolose, i finanziamenti, gli scambi di favori relativi ad appalti e cose del genere, smentendo così la presunta pulizia del suo modo di far politica e la sincerità del suo impegno antimafioso.

Gaetano Savatteri : Ti sembra che questi procedimenti abbiano dato risultati sul versante dei rapporti tra mafia e politica?

Salvatore Lupo : Fino a un certo punto, forse perchè allora mancava lo strumento giuridico per colpire questo tipo di comportamenti. Peraltro Cucco, per quanto emarginato dalla politica «ufficiale», aveva buoni avvocati e conservava probabilmente alcuni appoggi. Nota che, per quanto assolto, non venne automaticamente riabilitato. Il nuovo segretario nazionale dl Pnf, Achille Starace, si rifiutava di incontrarlo e scrisse a Mussolini di stare attento, se Cucco si fosse presentato, a non riceverlo. Fu solo nel '39, con la caduta di Starace, che l'ex federale ritornò clamorosamente in prima fila e addirittura diventò vicesegretario nazionale del partito.

Gaetano Savatteri : La parabola di Cucco ci mostra un personaggio, legato in ambienti mafiosi, che a un certo punto proclama di essere antimafioso, perché il regime ha deciso di intestarsi la battaglia contro la mafia...

Salvatore Lupo : Ma, come abbiamo detto, solo quando i risultati elettorali non ebbero più importanza i fascisti puntarono propagandisticamente sulla lotta alla mafia.

Gaetano Savatteri : In ogni caso, l'opzione antimafia viene assunta come un valore positivo. È così?

Salvatore Lupo : Valore che poi è un disvalore, perché Cucco diceva: «Io sono antidemocratico quindi sono antimafioso». I socialisti avevano fatto dell'antimafia nel primo dopoguerra e anche prima, pagando pesanti pezzi di sangue, ma non direi che abbiano presentato questa battaglia come un elemento centrale della loro identità politica. Non poteva essere, perché la loro rivoluzione non voleva certo presentarsi come legalitaria. D'altronde i socialisti «ufficiali» erano nel complesso della vita politica isolana piuttosto deboli. Nel 1919 non ne era stato eletto nemmeno uno, nel '21 le cose erano andate un po' meglio. Quanto al gruppo storicamente più importante della sinistra siciliana, quello socialriformista, c'erano al suo interno le persone per bene, ma anche i collusi. Per trovare loro prese di posizioni rilevanti su questo versante bisogna risalire al delitto Notarbartolo.

Gaetano Savatteri : Comunque i fascisti furono i primi a presentare la mafia come un disvalore in sé, da condannare e rifiutare, quanto meno nelle prese di posizione pubbliche. Mi pare che questo accada per la prima volta nel dibattito pubblico...

Salvatore Lupo : Per certi versi è vero, soprattutto se pensiamo all'apologetica di Vittorio Emanuele Orlando. Per altri versi però il fascismo, che proponeva un modello da noi abbastanza distante (e qualche volta repellente) di virtù civica, pretendeva addirittura di appropriarsi dei codici mafiosi. Mori diceva ai siciliani: la vostra virilità, il vostro coraggio, la vostra capacità di farvi giustizia da soli è un valore nazionale. Ecco ancora l'eterno Pitrè! Mori definiva l'omertà come un valore positivo, in passato deformato, ma ora pronto a essere messo al servizio dello Stato e del fascismo.

Gaetano Savatteri : Perchè si scelse lo scontro piuttosto che tentare di coinvolgere la mafia nella fascistizzazione della Sicilia?

Salvatore Lupo : Potrei dire perché mafia e fascismo erano troppo simili e dunque concorrenti. Il fascismo inoltre aveva un disegno di nazionalizzazione autoritaria incompatibile con un potere locale di questo genere, specie per come il potere mafioso era cresciuto in maniera abnorme nel dopoguerra, strumentalizzando i movimenti collettivi, inserendosi in cooperative agricole e partiti paesani. Il fascismo scioglieva perfino i circoli ricreativi, chiudeva i caffè: troppo forte era l'ossessione dell'inquadramento totalitario, l'ostilità per qualsiasi moto proveniente dal basso e dalla periferia.

Gaetano Savatteri : Resta allora da capire perché e come la mafia riuscì a sopravvivere.

Salvatore Lupo : Innanzitutto perché – in questo e in altri casi – c'è un che di utopistico nel totalitarismo fascista, nell'idea di una società governata attraverso un'unica catena, che dal centro verso la periferia trasmette la volontà statale-mussoliniana. L'altra ragione é che il fascismo, al di là delle considerazioni dei suoi superpoliziotti, non ha mai chiamato la classe dirigente a rendere conto delle sue complicità. Potremmo fare un'operazione molto semplice: vedere quanti dei mafiosi del secondo dopoguerra avevano fatto carriera nel periodo fascista. Non è necessariamente un metodo giusto, perché ce ne furono tanti altri che vennero stroncati e giusto per questo non li ritroviamo nel dopoguerra. Ma ho visto i documenti e le mappe del potere mafioso consegnate nel 1943 dai carabinieri agli americani, al momento in cui questi arrivarono alla provincia di Palermo, chiesero di conoscere i nomi dei mafiosi: i carabinieri prepararono un'eccellente mappatura, paese per paese, famiglia per famiglia. Ebbene, erano sempre gli stessi nomi del primo dopoguerra.

Gaetano Savatteri : Erano usciti indenni dai processi e dalle retate di Mori?

Salvatore Lupo : Spesso erano le stesse persone che nella gran parte dei processi del 1926-30 avevano avuto pene irrisorie: sei mesi di carcere preventivo, due anni per associazione a delinquere, l'amnistia, due anni di confino. Nei rapporti di polizia quei figuri erano stati accusati di reati gravissimi, ma nei processi le accuse davvero gravi erano cadute quasi sempre. Bisogna dirlo : la montagna partorì il topolino.

1 Salvatore Lupo, Potere Criminale, Intervista sulla Storia della Mafia a cura di Gaetano Savatteri, capitolo 4, p. 66-79

 

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