Il Piano di Rinascita Democratica
21.05.2013 12:05
Le conclusioni a cui giunse la Commissione Anselmi, pur scattando una fotografia inquietante a tal punto da porre dei seri interrogativi sulla limpidezza della democrazia che aveva regolato l’Italia dal dopo guerra, non riuscirono mai a chiarire tutte le implicazioni in cui la P2 e Licio Gelli furono coinvolte.
Alla base degli intenti ispiratori della Propaganda 2 , una associazione «coperta» e quindi segreta, vi era il reclutamento di nuovi iniziati che insieme ai membri già presenti e inseriti nelle più alte sfere delle istituzioni, dovevano sovvertire l’assetto socio-politico della nazione.
Il primo nemico da combattere a qualunque costo era il comunismo e scongiurare ogni eventualità che ne consentisse la salita al potere in Italia; un obbiettivo questo, per sempre rimasto a cavallo tra il reale e lo strumentale, a volte convinto motore di una spinta ideologica «anticomunista», in altre quale specchio per attirare verso la loggia, potenti aiuti sia economici che logistici, da parte di soggetti esteri con lo stesso comune fine, CIA in primis.
I quasi mille componenti figurati nelle liste sequestrate, non costituivano probabilmente l’intero elenco dei «Piduisti», visto che lo stesso Gelli in una intervista all’Espresso del 1976, aveva affermato che gli iscritti erano circa 2400. Tanti i nomi, di certo molto illustri che non vennero mai alla luce. Ciò che emerse fu invece «Il piano di rinascita democratica», una sorta di documento ispiratore contenente indicatori di fattibilità, che additava le tappe da seguire per la conquista progressiva delle leve del potere da parte dei suoi affiliati.
I punti chiave prevedevano un «selezionato proselitismo» per individuare figure adatte su cui fare affidamento, un preventivo dei costi per la collocazione degli uomini giusti in ruoli di controllo, la definizione di «obbiettivi» (indicati in gergo militare) da raggiungere e blandire per convertirli alla causa.
Occorreva «riordinare» le istituzioni, ripristinare una impostazione selettiva e di classe dei percorsi sociali, «ripulire il paese dai teppisti ordinari e pseudo politici», «abolire la validità legale dei titoli di studio per sfollare le università» in attesa di una riforma del settore. Altri punti indicavano l’esigenza di condurre il Consiglio Superiore della Magistratura sotto il controllo dell’esecutivo, di separare le carriere dei magistrati, di frammentare l’unità sindacale, di rompere il monopolio Rai. Nel settore dell’editoria l’acquisizione da parte di iscritti alla lista di importanti testate giornalistiche (Rizzoli – Corriere della Sera), o di raggiungere posti di rilievo nella conduzione di altre, operava in simbiosi con la scalata al successo di giornalisti ed editori compiacenti alla loggia (Silvio Berlusconi) e ai politici annessi, con la conseguente censura o limitazione per coloro che si opponevano al sistema (tra i vari Enzo Biagi).
Per portare a termine questi obbiettivi e tanti altri, troppi da elencare in questa sede, erano stati individuati dei referenti politici in ogni partito che dovevano ottenere testualmente «il predominio» e tra i vari figuravano: Craxi, Mancini e Mariani (PSI); Andreotti, Forlani, Piccoli, Gullotti e Bisaglia (DC); Visentini e Bandiera (PRI); Orlandi e Amidei (PSDI); Cottone e Quilleri (PLI). Nomi questi, che in parte all’epoca rivestivano già ruoli di vertice e di potere e il cui coinvolgimento per opera di Gelli nel progetto, non fu mai accertato.
In ambito finanziario, quanto già descritto in relazione a Sindona, Calvi, IOR, Banco Ambrosiano, risulta sufficientemente descrittivo, senza dimenticare le decine e decine di operazioni avvenute a stretto giro, e addebitate anche solo parzialmente e mai ufficialmente agli iscritti.
Tutto questo incompleto elenco di intrighi e implicazioni potrebbe bastare, ma la piena comprensione delle oscure e malvagie prerogative antidemocratiche della loggia, si può acquisire attraverso l’esame delle molte dolorose vicende italiane e non solo, dove figure della P2 attraverso i servizi segreti e altri loschi individui, faccendieri, mafiosi, malavitosi, sono state coinvolte. Una lista di morte e terrore che include le stragi di Italicus, della stazione di Bologna, di Piazza Fontana, di Ustica, del Rapido 904, il colpo di stato dei militari in Argentina che segnò la strage dei dissidenti con la scomparsa di decine di migliaia di «desaparecidos». Un elenco di azioni di depistaggi, dalle indagini sul rapimento Moro ad altre su presunti tentativi di colpi di stato e inchieste italiane (Gladio); una mano che si allunga sugli omicidi di Calvi, del giornalista Pecorelli, dello statista svedese Olaf Palme, ai rapporti con la Banda della Magliana e il clan dei Marsigliesi, ai traffici di armi e riciclaggio denaro sporco, alla fuga del genocida nazista Herbert Kappler e una serie di altri avvenimenti sconosciuti ai più e che invece ogni cittadino dovrebbe conoscere. Vite spezzate, democrazie infrante, giustizia calpestata e deviata, tutto nel nome di una «Rinascita», di un nuovo ordine delle cose.
A tirare le fila di questa matassa inestricabile, con connessioni che valicavano gli oceani, la storia ci ha consegnato un uomo solo: Licio Gelli. L’ennesimo depistaggio nei confronti della verità.
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