Il dossier di De Donno

21.05.2013 13:12

 

Pochi giorni prima di trasferirsi a Roma, Falcone incontra il capitano dei carabinieri Giuseppe De Donno. L’ufficiale consegna al magistrato un dossier investigativo su “Mafia e appalti in Sicilia”. Un rapporto di quasi mille pagine in cui mediante intercettazioni, accertamenti finanziari e pedinamenti, senza avvalersi di alcun pentito, i carabinieri pongono in rilievo la posizione di Siino, e quella del gruppo Ferruzzi.

Il gigantesco fascicolo è corredato con nomi, date, cifre, che descrivono nel dettaglio il sistema delle tangenti con il quale in Sicilia e nel resto del paese, si regola l’assegnazione degli appalti pubblici. 


Compaiono nell’elenco nomi di aziende dal fatturato di miliardi quali la Grassetto di Salvatore Ligresti; la Tordivalle di Roma i cui titolari sono gli eredi di De Gasperi; la Rizzani De Eccher di Udine; le aziende dei cavalieri del lavoro di Catania, tra questi i nomi dei sospettati di coinvolgimento quali mandanti dell’omicidio del giornalista Giuseppe Fava; 
la SII, azienda poi acquistata dall’ex direttore generale della Edilnord di Berlusconi, Antonio D’Adamo; diverse cooperative rosse; la Impresem del imprenditore in costruzioni di Agrigento Filippo Salomone; tutte le imprese facenti capo a Bernardo Provenzano e ai suoi consigliori Masino Cannella e Pino Lipari.

L’intero panorama imprenditoriale da nord a sud ne è coinvolto. Da queste pagine si estrapola un sistema che intreccia la politica, la mafia alla imprenditoria, con una dettagliata limpidezza forse senza precedenti. Pagine e pagine di intercettazioni trascritte, narrano di sottosegretari, ministri e parlamentari chiamati in causa. L’inchiesta terremoto di Mani Pulite è ancora distante un anno, e tutte queste forze vivono tranquille in questo sistema drogato su cui si regge una bella porzione dell’economia italiana.
Un testo dal contenuto esplosivo, in grado di generare in molti l’istintiva tendenza a qualsiasi gesto pur di evitarne le conseguenze, e quando qualcuno di cui mai si è conosciuta l’identità, provvede a far divulgare il carteggio, scoppia il panico.

Come conferma Nino Giuffrè, in Sicilia ma non solo, sono molti coloro disposti anche ad uccidere, perché il rapporto illustra senza equivoci il legame tra Cosa Nostra e politci-imprenditori nella gestione di miliardi e miliardi di denaro dei contribuenti. Falcone e Borsellino compresero il peso di quanto era giunto nelle loro mani e questo secondo il pentito, contribuì in maniera decisa a velocizzare la loro uccisione.

La dettagliata descrizione dei meccanismi di spartizione degli appalti, consente anche una quantificazione del giro di affari. Un sistema che viene perfezionato dopo il 1988, anno che segna la fine dell’era Siino quale gestore.

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