Il cemento riveste Palermo

19.05.2013 12:54

 

Tra il 1950 e il 1963, Cosa Nostra istituì un nuovo organismo di governo detto «Commissione o Cupola», che rinverdì i collegamenti con i cugini americani, mediante l’ingresso sulla scena del traffico internazionale di stupefacenti. In contemporanea la mafia estende le mani sugli appalti edili, per trarre dall’industria del cemento enormi ricchezze e una nuova frontiera nelle relazioni con il sistema politico.
Con il nome de «Il sacco di Palermo», si descrive il boom edilizio che tra la fine degli anni ’50 e l’inizio dei ’60, vede stravolgere la fisionomia architettonica della città. Dopo la 2° Guerra Mondiale Palermo torna ad essere capoluogo di regione e sede di molti uffici pubblici. L’offerta di lavoro causa un forte aumento della popolazione: più 20%, pari a circa 600mila abitanti. L’esigenza di un rinnovamento edilizio dopo i bombardamenti e le tracce del tempo sono evidenti e comuni a molte altre città d’Europa, ma ciò che si vedrà a Palermo, non troverà per fortuna molte analogie. I risultati furono disastrosi: tantissime dimore liberty e barocche vennero rase al suolo dai buldozer un attimo prima di divenire patrimonio storico protetto. La Conca D’Oro, la verde campagna di limoneti che circondava la città, venne sepolta dal cemento, mentre gran parte del centro storico ridotto in rovina rimase nelle stesse condizioni. Al posto di ville e piantagioni, sorsero caseggiati fatti di materiale scadente, ammassati tra loro e orribili alla vista. 
La genesi del Sacco di Palermo non fu architettonica ma politica. Mafia e sistema politico avevano stretto un «patto di nuova specie», monumento alla corruzione e al crimine.

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