Fuori i nomi

21.05.2013 13:28

 

Dopo aver appreso del patto elettorale del gennaio 1994, le informazioni dell'infiltrato Ilardo si arricchiscono di dettagli.

I tramiti insospettabili operanti tra gli ambienti di «Cosa nostra» e la direzione di «Forza Italia» che sarebbero stati votati dagli ambienti della mafia sono:

Per la Sicilia Orientale:

Il Sen. LA RUSSA Antonino, nato a Paternò l'08.09.1913 e principalmente il di lui figlio Vincenzo LA RUSSA (rispettivamente padre e fratello di Ignazio LA RUSSA, attuale Ministro alla Difesa) che si presentava nella lista unica (Alleanza nazionale-Forza Italia) su Palermo.

Ilardo riceve queste notizie in particolare da Ciro Vara, che sostituisce Piddu Madonia nella gestione della provincia di Caltanissetta. Il tema è scivoloso.

Le dichiarazioni sui politici Ilardo voleva farle solo ai giudici – spiega Michele Riccio. - Temeva che se avesse rivelato qualche nome pesante prima di diventare ufficialmente pentito, avrebbe potuto rischiare la vita a causa di talpe istituzionali.

Proviamo quindi a raccontare chi sono coloro che Ilardo identifica come insospettabili che avrebbero chiesto voti a Cosa nostra. Un'avvertenza da fare: i nominativi citati, laddove non diversamente specificato, a quanto è dato sapere non sono mai entrati ufficialmente in un'indagine.

Antonino La Russa è un importante esponente della destra siciliana, più volte eletto nel Parlamento nelle liste del Movimento Sociale Italiano tra i Settanta e gli Ottanta. Nato a Paternò, in provincia di Caltanissetta, avvocato, dalla metà degli anni Cinquanta entra nel mondo degli affari milanese, per poi trasferirsi definitivamente a Milano nel 1960. L'avvocato La Russa tiene a battesimo la folgorante carriera imprenditoriale di Salvatore Ligresti, anch'egli nativo di Paternò, insieme a quella di Michelangelo Virgillito, un'altro compaesano che a Milano, negli anni Cinquanta, diventa uno dei più bravi e spericolati raider della Borse di piazza Affari. Nino La Russa ricopre importanti incarichi in alcune delle società di Ligresti, e ha un ruolo rilevante nell'acquisto della società assicuratrice Sai da parte del finanziere siciliano.

Vincenzo La Russa è uno dei figli dell'avvocato Antonino. Anche lui si impegna in politica, però nella Democrazia cristiana, di cui è parlamentare tra gli Ottanta e i Novanta. Nel 1994 aderisce al Ccd di Casini e Buttiglione e viene eletto nel collegio siciliano di Caltagirone, in provincia di Catania. Come il padre, riveste incarichi di peso nella galassia imprenditoriale di Ligresti, in più scrive biografie politiche su Mario Scelba e Giorgio Almirante.

Continua Ilardo:

Per la zona di Caltanissetta:

MAIRA Raimondo Luigi Bruno, nato a San Cataldo (CL) il 2.09.1946, residente a Caltanissetta, contrada 2 Fontane.

Candidato nel Collegio Senatoriale nr. 6 per la lista «Solidarietà Occupazione – Sviluppo», era, inoltre, candidato anche per la Camera dei Deputati.

Sembra che avessero organizzato apposta per lui questa lista in quanto era già sospettato di qualche collusione con la «mafia» e quindi era troppo pericoloso candidarlo direttamente nelle liste di «Forza Italia».

Già sindaco di Caltanissetta, quando ne parla l'infiltrato il nome di «Rudi» Maira è stato già accostato a Cosa nostra. Lo aveva menzionato il collaboratore di giustizia Leonardo Messina, secondo il quale Maira avrebbe chiesto voti al clan di Piddu Madonia durante le elezioni regionali del 1991. Il boss gli avrebbe perfino messo a disposizione un picciotto come guardia del corpo.

Nel 1992 la Procura nissena accusa Maira per concorso esterno e voto di scambio, ma nel fascicolo processuale compare anche una storia dai contorni oscuri. La Criminalpol sospetta che uno dei telefoni cellulari intestati all'onorevole sia stato usato per contattare alcuni personaggi legati alle stragi di Capaci e via D'Amelio; ipotesi ancora più terribile, Maira potrebbe essere una delle talpe che hanno informato i killer di Capaci dei movimenti di Falcone. La Criminalpol procede con i piedi di piombo e conduce l'indagine in gran segreto, tanti sono gli indizi e le coincidenze da verificare. Ma la Procura retta da Tinebra la inserisce inaspettatamente nella richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di Maira, con il risultato che l'inchiesta diventa pubblica e si blocca.

Nell'ottobre 2003 il tribunale di Caltanissetta assolve Rudi Maira dall'accusa di concorso esterno, ipotizzando a suo carico solo il reato di voto di scambio ormai prescritto.

Maira conferma in parte quanto riferito dai pentiti, e cioè di aver pagato il clan Madonia. Ma non in cambio di voti, bensì perché vittima di un'estorsione. «La mia vita e quella dei miei famigliari era in pericolo», avrebbe risposto ai giudici.

Ex democristiano, è stato eletto nelle liste dell'Udc al quale porta in dote quasi il cinquanta per cento dei voti del proprio collegio. Dall'aprile 2008 è deputato della Regione siciliana sotto la presidenza di Raffaele Lombardo. Dal luglio dello stesso anno è vicepresidente della Commissione d'inchiesta e vigilanza sul fenomeno della mafia in Sicilia. E tutto questo d'avanti ai nostri occhi.

I segnalati LA RUSSA e MAIRA – prosegue l'infiltrato – candidatisi nelle imminenti elezioni, e già indicati in precedenza, nei loro contatti con gli ambienti mafiosi a cui facevano capo, avevano promesso in cambio del contributo di voti a «Forza Italia», in caso di vittoria, dopo sei mesi di governo, il varo di normative di legge che avrebbero garantito gli interessi dei vari inquisiti di mafia nonché il rallentare dell'azione repressiva delle forze di polizia e l'assicurazione di coperture per lo sviluppo di molteplici attività economiche mafiose.

Dello stretto legame tra i La Russa e Ligresti parla uno dei protettori del finanziere, Bettino Craxi il 14 novembre 1994 nel corso di un'intervista al quotidiano spagnolo «El Mundo»: «L'Msi era una forza politica confinata in un ghetto e penso che non disponeva di grandi risorse e che tutte erano legali: non metterei la mano sul fuoco, ma non posso accusarli di cose che non conosco. Forse solo in certi casi: per esempio Ignazio La Russa a Milano, che adesso si da le arie di moralizzatore, e che è stato notoriamente finanziato dal gruppo Ligresti». In piena Tangentopoli è un'accusa che brucia.

L'indomani Ignazio La Russa, risponde attraverso il quotidiano «La Repubblica» dicendo: «Non è un nuovo scoop di Craxi, è dal 1985 che l'ex segretario socialista va dicendo questa cosa, senza portare un'ombra di prova a sostegno delle sue accuse. Non vorrei infierire troppo contro Craxi con un'altra querela, in considerazione di tutte le pendenze che ha con la giustizia. Ma non è detto che non lo denunci. Sfido chiunque a dimostrare anche lontanamente che nel corso della mia carriera politica abbia avuto rapporti di qualsivoglia natura con Ligresti o abbia mosso un solo dito a favore di questo finanziere. Forse a Craxi non va giù che io sia nato nella stessa città dove è nato Ligresti, Paternò, e che tra la mia famiglia e i Ligresti in passato ci siano stati rapporti di amicizia e di lavoro. Non so se lo querelo, ma se lo incontro lo riempio di sberle».

Oggi in alcune delle società di Ligresti compaiono esponenti della famiglia La Russa, da Vincenzo a uno dei figli di Ignazio, ministro della Difesa dal maggio 2008.

L'informatore cita anche il finanziere Ligresti e la Ferruzzi di Gardini. «Per quanto [alla fonte, nda] gli era dato di conoscere PROVENZANO aveva relazioni riservate sia con GARDINI che con LIGRESTI, o con le persone a loro più vicine». Tra queste ci sarebbe l'ingegner BINI, capo area della Calcestruzzi di Ravenna. Nel 2008 Bini verrà condannato in via definitiva a otto anni per concorso esterno in associazione mafiosa.

Poi ci sono altri nomi - continua l'infiltrato – di componenti politici, che del passato, noti come vicini a Cosa nostra o uomini d'onore:

SANTALCO, senatore Dc di Barcellona di Pozzo di Gotto (ME);

MANNINO, controllato strettamente dalla famiglia di Agrigento;

ANDO Salvo, in contatto con il SANTAPAOLA ed ERCOLANO;

CAMPIONE Pippo, ex Presidente Regionale dell'Antimafia;

OCCHIPINTI, avvocato;

COCO Enzo, senatore Dc;

MADAUDO Dino, ex Sottosegretario agli Interni;

LIMA, uomo d'onore;

GIOIA Giovanni, uomo d'onore;

D'AQUINO Saverio, ex sottosegretario agli Interni, liberale.

Di Salvo Lima e Giovanni Gioia ci siamo già occupati.

Calogero Mannino, democristiano, più volte ministro, è stato processato e assolto per concorso esterno pur essendo venuti alla luce suoi contatti con uomini d'onore.

Dino Madaudo, socialdemocratico, sottosegretario alla Difesa quando era guardasigilli Salvo Andò, ha avuto stretti rapporti con mafiosi importanti della provincia di Catania e Messina, acclarati anche da rapporti di polizia.

Salvo Andò, socialista, oggi stimato professore universitario, ha avuto una brillante carriera politica tra gli anni Ottanta e Novanta fino a diventare ministro della Difesa nel giugno 1992. Nel 1993 la Procura di Catania lo indaga per voto di scambio con Cosa nostra, a partire dalla confessione di alcuni collaboratori di giustizia. In uno degli ultimo covi del boss latitante Nitto Santapaola, la polizia trova un cartoncino con l'intestazione «Camera dei Deputati» su cui è scritto a penna: «Cari saluti, Salvo Andò». L'ex ministro viene assolto, ma finisce coinvolto in un'inchiesta per tangenti sul centro fieristico catanese Le Ciminiere, tirato in ballo dall'imprenditore Francesco Finocchiaro. Andò è condannato in primo grado a cinque anni e sei mesi, e in appello a quattro anni; poi la cassazione annulla con rinvio, e nel secondo appello scatta la prescrizione grazie alle attenuanti generiche.

Il nome di Salvatore D'Aquino, liberale, sottosegretario agli Interni nel 1992, compare nell'inchiesta sull'omicidio del giornalista messinese Beppe Alfano, ma senza conseguenze penali. Le indagini sulla mafia di Barcellona di Pozzo di Gotto, in provincia di Messina, hanno rivelato che D'Aquino intratteneva rapporti di affari con l'imprenditore mafioso Francesco Gitto, il quale aveva dato in affitto ai carabinieri un proprio fabbricato da utilizzare come caserma nella stessa Barcellona.

Carmelo Santalco, senatore e parlamentare democristiano, è stato per molto tempo sindaco di Barcellona di Pozzo di Gotto. Secondo alcuni collaboratori di giustizia, anche lui intratteneva rapporti con l'imprenditore Gitto. Il figlio Giuseppe è stato avvocato difensore di alcuni mafiosi, e con uno di questi è stato anche coimputato prima di essere assolto.

Su Vincenzo Coco, deputato regionale (e non senatore come dice l'infiltrato), e Giuseppe Campione niente è mai emerso.

Nei rapporti di Riccio compaiono anche altri due politici. L'infiltrato racconta di aver incontrato il senatore Roberto Grippaldi di An, in occasione di alcune riunioni sull'assegnazione dell'appalto per la costruzione di una discarica presso il comune di Enna.

Il politico, nell'occorso, aveva riferito, tra l'altro, l'auspicio di giungere al più presto a nuove elezioni anche se queste sembravano non imminenti in quanto era sicuro che il suo partito e lo schieramento di cui faceva parte, avrebbe ora ottenuto in Sicilia ed in tutto il meridione un notevole incremento elettorale con una forte sconfitta delle sinistre.

Il GRIPPALDI e gli imprenditori avevano commentato negativamente l'attuale Governo che, lo definivano «quello dei Magistrati», il quale non aveva conseguito altro che l'indiscriminata repressione realizzando, di conseguenza, l'impoverimento del paese. Tale gestione non aveva offerto alternative determinando invece continui licenziamenti della manodopera e la chiusura di tantissime aziende.

Il politico affermava che in caso di vittoria si sarebbero impegnati per una riduzione dei termini della custodia cautelare e per una maggiore tassatività circa i casi di applicabilità.

Un altro politico che l'infiltrato incontra è Domenico Sudano, il quale gli aveva chiesto un esplicito impegno nel sostenerlo nella prossima auspicata imminente campagna elettorale, promettendo in cambio simili sopra esposte iniziative.

Sudano sarà eletto nel parlamento regionale siciliano nel Cdu nel maggio 1996. Resta ancora da sottolineare ciò che scaturisce da quanto ha dichiarato in un interrogatorio alla Procura di Palermo il colonnello Mauro Obinu, responsabile con Riccio della pratica Oriente (ovvero l'infiltrato Ilardo); qualcosa di cui però non c'è traccia negli atti.

Io ricordo questo passaggio relativo alle... al presunto avvicinamento mafioso nei confronti di un esponente di Forza Italia siciliano, me lo ricordo bene. Tant'è che lo identificammo e lo accertammo. Me lo ricordo questo passaggio, certo, non mi ricordo però il cognome dell'indicato.

Perché nulla risulta sull'identificazione di chi ha eseguito il «presunto avvicinamento mafioso nei confronti di un esponente di Forza Italia»? Chi è la misteriosa figura a cui Obinu si riferisce?

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