Don Vito e le origini della mafia.

19.05.2013 12:27

 

Le cosche assumono agli inizi del XIX secolo, principalmente in Sicilia, una strutturazione definita con la progressiva decomposizione della società feudale, quando i campieri e i fattori che gestiscono per conto dei nobili borbonici i latifondi e i braccianti, si organizzano in gruppi permanenti, chiusi come confraternite e spesso impegnati in attività di brigantaggio.

Con l'Unità d'Italia, venendo a mancare l'intelaiatura sociale tradizionale senza che lo Stato sabaudo affermi la propria giurisdizione in modo capillare (anzi essendo percepito dalla popolazione come un'autorità estranea), l'economia prevalentemente agricola dell'isola tende a gravitare sempre più strettamente attorno agli interessi della mafia.
Quando le rivendicazioni dei contadini, organizzati nei sindacati agricoli di stampo socialista chiamati “fasci”, sono soffocate con la forza dal governo Crispi nel 1893, la mafia si unisce alla repressione e trae un ulteriore vantaggio dalla situazione per accrescere il proprio potere.

Conclusa l'esperienza dei Fasci siciliani, la connivente simbiosi tra i clan mafiosi ed elementi dell'apparato statale (che diverrà un tratto caratteristico, fondante il perdurare della mafia sino ai giorni nostri) si concretizza nell'infiltrazione tra gli emigrati.
Durante la grande ondata di emigrazione dal Meridione verso le Americhe, a cavallo tra '800 e '900 (perciò posteriore ad una prima fase, che aveva interessato soprattutto il Nord-Est), la mafia si assicura la gestione delle partenze e degli arrivi: nei quartieri italiani delle città statunitensi, in particolare a Brooklyn, si impone immediatamente il presidio violento dei padrini e dei loro picciotti, fino a soppiantare le bande rivali di ascendenza irlandese.
Questa vera e propria guarnigione è inoltre continuamente alimentata dallo sbarco di pericolosi criminali che, grazie a documenti falsi e alla tacita complicità delle amministrazioni in Italia, si dimostrano privi di precedenti penali e possono perciò agire

indisturbati.
Vito Cascio Ferro, signore indiscusso di Bisacquino (PA), nasce appunto come campiere e diventa una figura centrale per comprendere le origini di “cosa nostra”, tanto da essere ritenuto l'inventore del “pizzo”, dell'estorsione elevata a sistema.
I suoi trascorsi da anarchico ne fanno un personaggio quantomeno ambiguo, se non addirittura un delatore nelle realtà sindacali contadine, ma la sua scalata al potere lo conduce fino a New York, dove assume chiaramente un ruolo di spicco nel coordinare le bande criminali e nello stabilire un costante collegamento tra la Sicilia e gli Stati Uniti.

—————

Indietro