Don Calò e la rinascita dell'onorata società.

19.05.2013 12:37

 

La leggenda di don Calò e del foulard giallo è forse il primo esempio in assoluto di dietrologia (ovvero la messa in circolazione di teorie del complotto). Essa vuole convincerci che dietro la rinascita della mafia dopo la caduta del fascismo ci fu il governo degli Stati Uniti; in altre parole vuole trovare un colpevole. L'argomento più forte contro la leggenda di Villalba è semplicemente che la mafia siciliana è una creatura troppo complessa perché un complotto basti a farla rinascere. Nella storia del ritorno al potere della mafia le responsabilità sono distribuite molto più diffusamente che non nella favola del foulard giallo. È una storia in cui entrano don Calogero Vizzini, i servizi segreti americani e la violenza politica. Ma è soprattutto la storia di come la mafia utilizzò i suoi tradizionali punti di forza – la fitta rete dei sistemi e la brutalità – per ritagliarsi un posto in seno al sistema democratico italiano quale andava lentamente prendendo forma nel dopoguerra. Date le opportunità offerte dal corso generale degli eventi, la mafia siciliana è perfettamente capace di determinare il proprio destino.

Nel corso della loro avanzata attraverso la Sicilia, le truppe alleate licenziarono sbrigativamente i sindaci fascisti dei paesi che, come Villalba, andavano via via liberando. E li sostituiscono con uomini che qualche volta dovettero il loro incarico a nulla più del parere di un interprete siculo-americano. Accade spesso che per riempire il vuoto di potere in centri rurali che per vent'anni erano vissuti senza lotta politica si rivolgessero, o fossero costrette a rivolgersi, agli uomini d'onore locali; dopo tutto, molti uomini di rispetto potevano presentarsi come vittime della repressione fascista. Nel caos seguito in Sicilia al crollo del fascismo gli americani cercarono non di rado il consiglio di anziani uomini di Chiesa circa le persone meritevoli di fiducia. E tra coloro che furono raccomandati dalla gerarchia ecclesiastica c'era don Calò.

Il 17 agosto 1943, trentotto giorni dopo i primi sbarchi, il generale Sir Harold Alexander telegrafò a Churcill per comunicargli che la Sicilia era interamente in mano alleata. Per i successivi sei mesi l'isola sarebbe stata soggetta all'AMGOT (American Military Gouvenment of Occupied Territory). Fu sotto l'AMGOT che la mafia fece i suoi primi tentativi di determinare la fisionomia della politica della Sicilia che emergeva dalla guerra. L'AMGOT aveva davanti a sé un compito enorme. Alla fine dell'estate 1943 l'isola versava in una condizione spaventosa. Già prima dell'Operazione Husky molti dei suoi quattro milioni di abitanti vivevano nell'indigenza. Ora le scorte alimentari scarseggiavano, e la rete ferroviaria era stata demolita dalle bombe. La criminalità era cresciuta impetuosamente. Numerosi detenuti erano evasi nel bailamme dell'invasione, e il mercato nero, già largamente diffuso durante gli ultimi anni del fascismo, diventò per molta gente l'unico mezzo di sopravvivenza. In ottobre si scoprì che a Palermo era stata saccheggiata la riserva di tessere annonarie, con la conseguente messa in circolazione di almeno 25.000 tessere contraffatte. Gli Alleati ordinarono l'incetta forzata di tutto il grano, ma sia i piccoli agricoltori che i grandi proprietari preferivano eludere l'obbligo, col risultato che gli uomini del mercato nero si trovarono a godere di un vasto appoggio popolare, e proprio com'era accaduto dopo la prima guerra mondiale, il banditismo fece ancora una volta capolino nelle campagne siciliane. Poco tempo dopo il passaggio delle truppe americane, la polizia cominciò a scorgere chiari segni di coinvolgimento della mafia nell'ondata di criminalità. Un rapporto inviato alla questura di Palermo elencò una serie di paesi in cui i mafiosi occupavano il potere:

Anche nel comune di Villabate la maffia si è impossessata del Municipio, è sindaco il macellaio Cottone pregiudicato … Corre voce che i maffiosi di Marneo – Misilmeri – Cefala – Diana – Villafrate e Bolognetta dopo l'entrata delle truppe americane saccheggiarono la fattoria del feudo Stallone … e si impossessarono delle armi e delle munizioni abbandonate dalle truppe tedesche accampate in quel feudo... Ieri la delinquenza prese d'assalto il comune di Ganci. Si eserciterebbero violenze contro il Barone Sgadari, il Barone Marciano ed il Barone Lidestri che nel '27 cooperavano per la scoperta di una vasta associazione per delinquere che operava nelle Madonìe1.

I mafiosi stavano chiaramente vendicando le sconfitte patite per mano del «prefetto di ferro». Durante i sei mesi di vita dell'AMGOT, in Sicilia fu vietata ogni attività politica di partito. Le autorità britanniche e americane scoprirono che la creazione di amministrazioni provvisorie nelle città e nei paesi era un compito assai aggrovigliato. I gruppi antifascisti siciliani costituivano un'incognita, e non sempre avevano chiaramente da offrire una nuova élite di governo2. La posizione degli Alleati era che bisognava evitare a tutti i costi un'influenza politica della sinistra. Come sempre, la mafia e i suoi uomini politici erano pronti ad agire come un attendibile «strumento di governo locale». Così avvenne che nel periodo dell'AMGOT ci furono contatti regolari tra l'Office of Stratetic Services (OSS), il precursore della CIA, e i pezzi grossi della mafia3. Joseph Russo, il capo dell'ufficio palermitano dell'OSS e nativo di Corleone, ha detto recentemente dei boss: «Io li conobbi tutti. Non gli ci volle molto per cementare di nuovo la loro solidarietà».

Nel riemergere della mafia come forza politica sotto l'AMGOT ebbe la sua parte anche l'ingenuità. I britannici pensavano che il loro impero offrisse una formula per individuare i nativi di cui ci si poteva fidare. Non diversamente che nelle porzioni del globo soggette all'amministrazione britannica, in Sicilia non era il Raj. Alla fine del settembre 1943 gli Alleati nominarono sindaco di Palermo Lucio Tasca Bordonaro: esattamente il tipo di gentiluomo di campagna di cui gli inglesi pensavano di potersi fidare. Ma è un caso che Tasca Bordonaro era «in odore di mafia» (in seguito Nick Gentile affermò che era in effetti un membro dell'onorata società). In tutta la Sicilia furono messi in cella uomini della stessa specie. Come i suoi pari, Tasca Bardonaro avvertiva che la fine della guerra avrebbe portato con sé una nuova lotta per il controllo della tera. La sua risposta fu di mettersi alla testa della prima organizzazione politica a mobilitarsi attivamente nella Sicilia occupata: il movimento separatista. I separatisti volevano che la Sicilia diventasse un paese libero sotto le ali dell'acquila americana. In questo modo – così speravano gli uomini come Tasca Bordaro – sarebbe stato possibile preservare l'autorità della vecchia élite e tenere a bada la temutissima sinistra. Nella battaglia per la loro causa, i proprietari terrieri separatisti avevano un alleato naturale: i mafiosi che sorvegliavano e amministravano le loro tenute, ottenendo in cambio protezione politica.

Nel gennaio 1944, in vista del ritorno della Sicilia sotto la giurisdizione delle istituzioni italiane, furono ripristinate le libertà politiche, e nell'isola si scatenò una tumultuosa lotta politica. Fu a questo punto che uno dei leader del movimento separatista pronunciò nella roccaforte mafiosa di Bagheria un discorso rivelatore. Andrea Finocchiaro Aprile era un oratore esagitato, che aveva l'abitudine di parlare di «Winnie» Churchill e di «Delano» Roosvelt come se chiacchierasse al telefono con loro tutti i giorni. A Bagheria tenne a chiarire che nella cerchia dei suoi amici intimi c'era qualcun altro «Se la mafia non ci fosse bisognerebbe inventarla. Io sono amico dei mafiosi, pur dichiarandomi personalmente contrario al delitto e alla violenza» (Il pentito di mafia Tommaso Buscetta avrebbe in seguito dichiarato che Finocchiaro Aprile era stato un membro della sua stessa Famiglia mafiosa). Nel febbraio 1944 il controllo dell'AMGOT ebbe termine, e la Sicilia si trovò sotto l'autorità di un nuovo governo, che aveva la sua base nell'Italia meridionale liberata. A quel punto, sia i mafiosi che i separatisti erano riusciti a creare la diffusa impressione che erano loro i nipotini mediterranei prediletti dello Zio Sam. Agli occhi di molti, nel futuro della Sicilia c'era la condizione di protettorato autonomo dell'America e di feudo della mafia.

 

1 «MAFFIA, Aug.-Dec. 1943», Allied Commission Control 10106/143/28 Bob. 689CScat. 140, cit. in Adriano, p.4.

2 Sicily. Zone Handbook, parte III.

3 Allied to the mafia. 

 

 

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