Corleone e i “Corleonesi”

21.05.2013 11:49

 

 

Vi sono luoghi in Sicilia, che più di altri hanno assunto un peso di maggior rilievo nel riannodare i fili delle vicende che raccontano la storia della mafia. La città di Corleone e le terre che la circondano, hanno visto la nascita di alcuni dei personaggi più terribili, che l’organizzazione abbia annoverato come suoi boss. Qui vedono la luce i primi omicidi di Luciano Leggio detto «Liggio», iniziali passi di una carriera costellata di sanguinarie imprese, nonché caposcuola di quella generazione di mafiosi nota come i «Corleonesi», composta anche dai celeberrimi Totò Riina e Bernardo Provenzano. Il primo di questi, detto «U Curtu» (soprannome dovuto alla sua bassa statura), avrebbe condotto tra il 1981 e il 983 una strage di concorrenti che salirà agli onori come la Seconda Guerra di Mafia.

Una dittatura talmente efferata da mettere a repentaglio l’esistenza stessa dell’organizzazione. Leggio era un vero personaggio e fu associato al cliché cinematografico del «Padrino», interpretato da Marlon Brando negli anni ’70, aspetto sul quale il terribile criminale giocò ad arte.

«Liggio» e i suoi seguaci diventarono tanto potenti in seno a Cosa Nostra, non solo perché più feroci dei rivali, ma in quanto capaci di fondere i metodi tradizionali in un mix riadattato al clima dell’era dell’antimafia, in quella fase cioè dove l’attenzione generale verso la mafia si era alzata. In qualche modo i Corleonesi diventarono in seno a Cosa Nostra, ciò che l’organizzazione era in seno alla Sicilia: un «occulto letale parassita», in grado si crescere silenziosamente, per poi sferrare il suo attacco mortale, quando troppo forte per essere contrastato.

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