Arriva Caponnetto, nasce il pool antimafia.

21.05.2013 12:30

 


Quale successore di Rocco Chinnici venne candidato Antonio Caponnetto, definito dal giudice Piero Vigna suo allievo a Firenze, «Il maestro di tutti noi». Vigna, interrogato da Falcone sullo spessore della figura destinata alla direzione della procura più sotto tiro del paese, tranquillizzò i magistrati di Palermo con un fermo «…di meglio non poteva capitarvi…».

Caponnetto era un uomo mite di origini siciliane con l’hobby dei canarini. Aveva 63 anni quando nel novembre del 1983 abbandonò una tranquilla posizione di prestigio alla procura di Firenze, per accettare l’incarico di Palermo. Fu una scelta di straordinario eroismo, un gesto d’amore infinito verso la sua terra. Un senso del dovere unito al coraggio di chi, in memoria delle sue radici, tornava in Sicilia a combattere la mafia in prima linea. Sin dalle prime battute si mostrò autorevole ed essenziale. Manifestò da subito l’intenzione di dare continuità al lavoro svolto da Chinnici, ma voleva spingersi ben oltre.

Mise insieme un gruppo di giudici istruttori che si sarebbe occupato solo d’inchieste di mafia: nasceva il pool antimafia. Una scelta storica, non innovativa in assoluto perché già attuata da procure del nord nella lotta al terrorismo di sinistra, ma che diede un impulso decisivo alla guerra contro Cosa Nostra. Terrorismo e mafia non avevano nulla in comune se non essere entrambe due espressioni di criminalità organizzata. Una squadra compatta avrebbe ridotto al minimo il rischio di depistaggi, infiltrazioni, manipolazioni e rappresaglie.

Si voleva evitare ciò che era capitato sino ad ora: che decine d’incartamenti invecchiassero sulle scrivanie di vari giudici non in collegamento tra loro, alle prese con indagini che invece si intrecciavano in più punti. Il pool doveva svolgere un altro compito importante, soprattutto verso l’esterno del palazzo di giustizia: spersonalizzare le inchieste. Come ricorda Ayala «tutti dovevano firmare tutto». In questo modo non si poteva più associare un’inchiesta ad un giudice solo, abbassando l’esposizione del singolo ad attacchi di ogni tipo. Un aspetto questo, che richiedeva da parte di ognuno una cieca fiducia nei colleghi. Nessuno mancò mai all’impegno.

I nominati a comporre quella straordinaria squadra furono oltre a Falcone e Borsellino, Leonardo Guarnotta e Peppino Di Lello, altri due giudici preparati e determinati. Successivamente entreranno a far parte del pool anche Gioacchino Natoli, Ignazio De Francisci e Giacomo Conte.

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